Cronache

Non andate in vacanza? Fate solo bene. Meglio risparmiare (e investire sui figli)

La buona notizia dell'estate è che 6 italiani su 10 non vanno in ferie. Non solo per mancanza di soldi ma perché stanno riscoprendo antichi valori

Non andate in vacanza? Fate solo bene. Meglio risparmiare (e investire sui figli)

La notizia che sei italiani su dieci quest' anno non possono permettersi le va­canze presenta anche qualche aspetto posi­tivo.

Comincerò dicendo che l'Italia non è affatto il Paese dei furbetti. Per carità, nessu­no nega il malaffare, la corruzione, l'evasio­ne fiscale, così come è ben difficile negare la malafede e l'accanimento ideologico di molti giudici e magistrati. Tuttavia la stra­grande maggioranza degli italiani è fatta di brave persone: la nostra è una società che, con tutti i difetti che ben le conosciamo, conserva alcuni valori fondamentali, eredi­tati dal passato, i quali a differenza di altri Paesi - che se li sono lasciati alle spalle - ci stanno aiutando nell'affronto della crisi.

Vorrei elencarne tre, molto legati tra lo­ro. Il primo è il valore del risparmio. Sei su dieci è un numero importante, che non coincide con il numero di poveri, pur eleva­to: segno che molti di coloro che potrebbe­ro andare in vacanza scelgono di non andar­ci. Certo, anche noi in un passato recente siamo stati infettati dal morbo del denaro fa­cile, dalla seduzione delle banche, che da quando alla funzione di istituti di credito ag­giunsero quella di società finanziarie, al ri­sparmiatore iniziarono a preferire l'investi­tore spericolato e chi si indebitava con loro.

Ciò nonostante, un vasto zoccolo duro, forte di un'educazione ricevuta dalle gene­razioni che ci hanno preceduto, ha resisti­to. Chi è riuscito a mettere da parte qualche soldo preferisce, in una situazione come la presente, non allentare troppo i cordoni della borsa. La crisi potrebbe durare molto a lungo, e la responsabilità del futuro dei fi­gli ricade, oggi più che mai, quasi per intero sulla famiglia. Un tempo non era così, ma oggi su questo punto non dobbiamo aspet­tarci nulla né dal governo né da nessun al­tro: siamo (purtroppo) al fai-da-te, o quasi. Le vacanze e i saldi possono aspettare.

Il secondo valore, il più importante, è quello della famiglia. Avere una famiglia ob­bliga a pensare sé stessi in modo diverso, sia nei rapporti interni - chi ha famiglia de­ve infatti costantemente occuparsi di qual­cuno che è diverso da sé­ sia in quelli rivolti all'esterno, inducendo comportamenti più realisti e prudenti, perché le conseguen­ze delle nostre azioni riguardano anche gli altri. Lo stile di vita imposto dal mercato (o dalla sua versione odierna) tende a distrug­gere la famiglia, e specialmente la famiglia numerosa, perché ben difficilmente si con­forma ad esso, avendo già nel proprio Dna un altro stile, giocoforza più sobrio e meno orientato al consumo selvaggio. Qui, come si vede, non si fa questione di ideologia o di religione, ma solo di modelli naturali. Ep­pure la famiglia in Italia resiste. E oggi, più che mai, i figli - nonostante la crisi - rappre­sentano per molti il migliore degli investimenti per il futuro. Giorni fa, scherzando, un amico docente universitario mi diceva: «Io per la mia vecchiaia spero molto più nei figli che nell'Inps: perciò ne ho fatti quattro... per differenziare gli investimen­ti ».

Il terzo valore, di cui in genere si parla so­lo per sottolinearne gli aspetti negativi, è quello della casa di proprietà. A differenza di molti altri Paesi, diciamo pure quasi tut­ti, noi italiani tendiamo a vivere in case di proprietà, anche a costo di molti sacrifici. Ricordo che, dopo la guerra, molti program­mi furono attuati affinché questa possibili­tà fosse estesa anche ai meno abbienti. É una tradizione importante della più antica civiltà urbana del mondo, e dobbiamo te­nercela stretta. Insomma, non è solo una questione di an­sia per il futuro e di sfiducia, come dicono i sociologi: è anche una questione di rea­lismo. E se i saldi di fine stagione cala­no del 9 per cento, la notizia è brut­ta, certo, ma pazienza: è segno che qualcuno vuole poter arrivare ai saldi dell'anno prossimo, a diffe­renza di come hanno fatto altri pae­si che con tutta la loro movida si so­no trovati in bancarotta.

Le cose devono essere lette anche in questo verso, non solo nell'altro. Ma, co­me mi faceva osservare, acutamente, un al­tro amico, oggi manca chi sappia trasforma­re questi valori in politica. Nessun program­ma di partito li mette al centro della propria azione, considerandoli obsoleti o non fun­zionali al loro progetto. Sono i vecchi valori del nostro popolo, ai quali la politica ha vol­tato le spalle.

Non meravigliamoci però se, poi, la gente volta le spalle alla politica e non va più a votare.

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