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Non cadiamo nella trappola del referendum

Le previsioni sul risultato delle elezioni amministrative alle porte si mettono al brutto per Pd e governo? E Renzi parla di referendum

Non cadiamo nella trappola del referendum

Come se non fosse bastata la sbornia di retorica delle celebrazioni del Primo Maggio, ieri Renzi ha rincarato la dose lanciando la campagna per il sì al referendum confermativo della riforma costituzionale che si terrà a ottobre. Dice che dopo 63 inutili governi, ora con il suo si volta pagina. La sola idea che per i prossimi cinque mesi, tanti ne mancano al voto referendario, dovremo subire ogni giorno una simile cantilena ci mette di cattivo umore. Primo perché non importa quasi a nessuno, secondo perché comunque si tratta di balle. Non è infatti vero che si andrà ad abolire il Senato o i suoi costi astronomici, semplicemente i senatori saranno un po' meno e diversamente eletti con meccanismi regionali che a tutt'oggi restano un mistero.

Diciamo le cose come stanno: il governo Renzi non darà alcun colpo mortale alla casta della politica - la Camera continuerà ad esistere con tutti i suoi faraonici eccessi - ed è tutto da vedere (anche in questo campo resta il caos) che risultino semplificate le procedure parlamentari. Questi dubbi sono talmente tanti e diffusi che un centinaio di illustri costituzionalisti di ogni colore e appartenenza politica ha di recente sottoscritto un appello per invitare gli italiani a votare no e bloccare il pasticcio.

Del resto, quella di Renzi è una tattica collaudata: ogni volta che per lui all'orizzonte si profila un problema bisogna parlare d'altro. Le previsioni sul risultato delle elezioni amministrative alle porte si mettono al brutto per Pd e governo? E lui parla di referendum, con una spruzzatina di unioni civili («le approveremo entro il 12 maggio») e di volontariato («presto la nuova legge»). Cose importanti, per carità, ma di cui non percepiamo l'urgenza. La quale, invece, permane nel campo della disoccupazione. Che è sì diminuita, come ci ha ricordato trionfante il premier parlando il Primo Maggio, ma solo di uno zerovirgola e non per effetto della crescita, che non c'è, ma unicamente della detassazione del lavoro (benedetta), di cui le imprese hanno beneficiato nel 2015 pienamente e quest'anno per meno della metà. Di fatto una droga che allevia il dolore ma non cura la malattia.

Un po' come il referendum tanto caro al nostro presidente del Consiglio.

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