Cronache

Un nuovo nazismo contro Gerusalemme

Sotto i tizzoni spenti resta la cenere calda del vecchio antisemitismo europeo, ma un fenomeno nuovo ha scatenato il disastro e svegliato gli zombie. Si tratta della capillare diffusione di un antisemitismo islamista

Un nuovo nazismo contro Gerusalemme

Prima di tutto, cos'è davvero l'antisemitismo assassino che percorre l'Europa? Sì, sotto i tizzoni spenti resta la cenere calda del vecchio antisemitismo europeo, ma un fenomeno nuovo ha scatenato il disastro e svegliato gli zombie. Si tratta della capillare diffusione di un antisemitismo islamista (no, non sono semiti anche gli arabi, «semita» è un aggettivo puramente linguistico, non razziale) che ha soprattutto, sulla scorta di Haj Amin al Husseini e poi di Arafat, criminalizzato alla maniera nazista gli ebrei che osarono fondare Israele. Così Israele è diventato, a causa di un serie di bugie ben orchestrate, uno Stato di apartheid (pazzesco, basta passeggiare in un mall), uno Stato genocida (i palestinesi sono triplicati), uno Stato che cerca i bambini per ucciderli nel sonno e i giovani per rubargli gli organi (su Aftonbladet , giornale svedese), un Paese in cui gli ebrei sono stati solo da turisti o da occupanti. L'antisemitismo odierno utilizza il moderno mito della crudeltà di Israele per ripristinare classici stereotipi: il potere, la crudeltà, il cinismo, il pasto di sangue. «Morte agli ebrei» si è gridato nelle manifestazioni per Gaza. L'antisemitismo odierno è israelofobia, ben accolta dalla sinistra e dalla destra estreme. Ma non lo si vuol sapere e quindi non si stabilirà mai una difesa attendibile per la comunità ebraica.

Tre tipi di dichiarazioni da parte dei leader europei non risultano affatto rassicuranti. La prima dice: «Prenderemo i colpevoli. Difenderemo gli ebrei perché sono parte di noi». La seconda ripete: «La matrice però non è islamista. Sono dei pazzi casuali»; la terza chiede: «Non ve ne andate, siete i nostri ebrei». Molte dichiarazioni affettuose, gentili di Merkel, della prima ministra danese, anche di Renzi, ripetono che l'Europa è per gli ebrei «casa vostra», sottintendendo il biasimo per Netanyahu per aver detto che il rifugio naturale, se lo vogliono, è Israele. Certo, è loro diritto invitare i «loro» ebrei a restare. Ma la sconfitta europea che i leader percepiscono e denunciano nella partenza degli ebrei, non è certo maggiore di quella di vederli morire falciati da un terrorista per le strade di Parigi, di Marsiglia, di Copenhagen, Bruxelles. Gli ebrei non appartengono, sono: come ogni popolo hanno diritto alla vita e alla sicurezza. Anche nella diaspora sono un popolo unico con tradizioni svariate, appartengono a un'unica identità morale e culturale che ha travalicato i millenni anche se parlano francese o tedesco.

In Israele l'unione di tante genti e proprio il rispetto della loro diversa provenienza ha creato una comunità affettuosa e compatta, anche se con i suoi difetti (disse Ben Gurion: saremo un Pese vero quando avremo i nostri ladri e le nostre prostitute) che si difende in modo ordinato dai vicini aggressivi, senza temere che un terrorista dell'Isis entri inaspettato in un asilo, in un museo, in un supermarket, in una sinagoga... E quando, se non ora che gli ebrei hanno paura di indossare la kippà o la stella di David, Netanyahu doveva dirgli: venite tranquilli, questa è casa vostra.

I paesi europei, si sentono sconfitti se gli ebrei partono? Ma la sconfitta è precedente, risiede nella pavidità dell'Europa, nella sua crisi di identità e di coscienza, nei pericoli enormi, fisici e morali, che corre essa stessa.

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