Cronache

Operation Smile: quegli angeli italiani che ridisegnano il sorriso ai bambini

Sono nati con il viso deformato, non possono sorridere, baciare, mangiare. Poi arrivano loro: chirurghi, infermieri, anestesisti, tutti volontari. In 12 anni hanno realizzato 200mila operazioni in 60 Paesi del mondo. Col sorriso sulle labbra

Operation Smile: quegli angeli italiani che ridisegnano il sorriso ai bambini

Anisha è scesa timida dal pullman pieno zeppo di bambini come lei, quando ormai il sole non c'era quasi più, dopo dieci ore di viaggio. Arrivava dal distretto del Sonitpur, una delle aree più povere di Guwahati, India. Cinque anni, era l'ultima della fila, vestita di mille colori perché pensava che solo così, vestita con l’abitino della festa, i medici si sarebbero presi cura di lei. Era la prima volta che vedeva un dottore. Quand'è nata, mamma non ha fatto altro che piangere, pensava fosse colpa sua quel mostriciattolo che aveva messo al mondo, perché, diceva la superstizione del paese, aveva raccolto riso con la luna piena. Adesso che i medici hanno restituito il sorriso alla sua piccola non smette mai di guardarla, è come se la vedesse per la prima volta: non pensavo dice, che la mia bambina fosse così bella. Arifase viene da un villaggio sulle montagne dell'Etiopia, ha sempre nascosto il suo visino con una sciarpa ma tanto la prendono in giro lo stesso. Non è mai andata a scuola perchè con quel buco nero sulla bocca non riusciva nemmeno a parlare. Così papà ha messo insieme due mesi di stipendio e l'ha portata ad Addis Abeba, all’appuntamento con un’altra lei: Anfase ora non ha più solo un angolo di dolcezza negli occhi ma un sorriso che incanta il cielo. Ngan, che significa «Stella», è di Quy Nhon, sobborgo nella provincia meridionale del Vietnam. Quando i suoi genitori la guardarono appena nata pensavano di aver dato alla luce una creatura del demonio, una bambina sbagliata sposata a una causa persa, tutti i piccoli del villaggio avevano paura di lei. Ma l'unica arma che ha sempre avuto è la tenerezza. Ha camminato per un giorno per portare lì la sua voglia di stare al mondo e il suo sorriso nascosto. Adesso uno specchio di acciaio riflette il suo musino: la felicità può essere semplice ma non è mai normale.
Operation Smile Italia ha tredici anni, ma casa madre esiste da trenta. Sono cento tra medici, infermieri, operatori sanitari, tutti volontari, impegnati in missioni umanitarie in più di 60 paesi del mondo. Ricostruiscono sorrisi, ridisegnano visi, ricreano vite. Visini deformati dalla palatoschisi, dalle ustioni, dai traumi, ritrovano l’armonia attraverso la chirurgia plastica ricostruttiva. Nei Paesi poveri uno ogni quattrocento e uno ogni tre minuti nasce così, con un buco sulla bocca, o sul palato che non ti fa sorridere, baciare, respirare bene, mangiare e bere, succhiare una caramella, parlare come tutti i bambini. Piccoli mostri che la gente condanna a morte ignorandoli, per superstizione, per paura, per cattiveria, ultimi e mal visti. Quarantacinque minuti di intervento, il tempo di una partita di calcio, e la vita cambia per sempre. Perchè di vita si tratta non di estetica. Il primo sorriso, luminoso come un'alba, arriva dopo due mesi, coinvolge undici muscoli, quelli della bocca e quelli degli occhi, i geni che regolano il suo meccanismo sono gli stessi che danno il tempo al respiro e alle emozioni, cioè alla vita stessa, il sorriso fa linguaggio da solo, è il solco lungo il viso di Fabrizio De Andrè, è l’enigma della Gioconda, lo smile di Apple, il cheese delle fotografie, «la bellezza è il potere e il sorriso è la sua spada» come declama John Ray.
Operation Smile conta 200.000 interventi chirurgici: «Siamo tutti volontari e nessuno prende un centesimo - spiega il dottor Domenico Scopelliti vice presidente scientifico di Operation Smile Italia - Alle nostre missioni partecipa soltanto personale specializzato e collaudato, ma non operiamo e basta. Facciamo formazione sul posto, addestriamo medici, costruiamo strutture che possano lavorare in autonomia e moltiplicare i sorrisi». Missione ma anche vocazione: «Sai di lavorare per qualcosa di grande che va al di là del lavoro, dei soldi, della carriera. É rimettere al mondo chi vive isolato, è ridare identità a chi ha perso la faccia». E perchè come scriveva John Faber: «Donare un sorriso rende felice il cuore, arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona, non dura che un istante, ma il suo ricordo rimane a lungo.

Nessuno è così ricco da poterne farne a meno nè così povero da non poterlo donare».

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