Cronache

Ora la figlia della Dandini va a Berlino con il "documentario gender"

La figlia di Serena Dandini al festival di Berlino con un documentario pro Lgbt. La Rai ha prodotto parte dell'opera. Critiche della regista a Pillon

Ora la figlia della Dandini va a Berlino con il "documentario gender"

La figlia di Serena Dandini parteciperà al festival cinematografico di Berlino con un documentario pro Lgbt.

Sembra, insomma, che abbia fatto la comparsa una nuova paladina dei diritti. Della Dandini si è parlato fino a pochi giorni fa: la storica conduttrice della Rai, infatti, ha fatto parte di una giuria presente allo scorso festival di Sanremo. Sarebbe stata una di quei "qualificati" che, stando alla visione di chi ha criticato l'esito della manifestazione canora, ha ribaltato la volontà popolare. Questa è la "narrativa populista". Ma l'attenzione mediatica, adesso, potrebbe interessare l'opera della figlia.

Nulla da eccepire, per carità, ma c'è chi sembrerebbe segnalare in maniera critica come il docufilm in questione sia stato prodotto, non per intero, dalla televisione di Stato. "Normal", questo il nome del prodotto cinematografico che è appena stato presentato nella capitale teutonica, sarà centrato soprattutto su quella che viene chiamata "ideologia gender". Questo, almeno, è quanto è possibile dedurre, leggendo questa mattina quanto si trova scritto sul quotidiano La Verità. Ma ci sono altri aspetti che emergono.

In primis, la critica che, vale la pena specificare, non rileva direttamente rispetto al docufilm berlinese, nei confronti del ddl promosso dal senatore Simone Pillon. Il quale, nella visione di Adele Tulli, - questo il nome della regista in questione - , troverebbe il placet di "movimenti inquietanti". L'esponente del Carroccio non è molto apprezzato dai radical chic. Questo, ormai, è un fatto noto. La Tulli, all'interno di una delle sue riflessioni più recenti, ha pure attaccato il popolo del Family Day, di cui Pillon è in qualche modo espressione.

Vale la pena, però, esulare per un attimo dai contenuti, presumibilmente pro gender fluid, del documentario per passare alla produzione. Sì, perché sul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, si legge che: "...il film di Adele Tulli sugli stereotipi di genere è prodotto, tra gli altri, da Rai Cinema. Non solo: alla produzione ha partecipato anche Istituto Luce Cinecittà, altra società pubblica che dipende dal ministero dei Beni culturali e dal ministero dell'Economia".

Insomma, la Rai avrebbe finanziato un documentario pro gender.

Con buona pace del senatore Simone Pillon e di tutti coloro che hanno fatto della lotta a quella che ritengono essere un'ideologia una vera e propria bandiera.

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