Cronache

Palmi, si uccide giudice accusato di rapporti con la ‘ndrangheta

Agli arresti domiciliari, si è impiccato nella sua abitazione di Montepaone. Nell'ultima intervista disse: "Io condannato ingiustamente"

Palmi, si uccide giudice accusato di rapporti con la ‘ndrangheta

Giancarlo Giusti si è impiccato nella sua abitazione di Montepaone, il centro del Catanzarese dove viveva da alcuni mesi. L’ex gip del Tribunale di Palmi era agli arresti domiciliari dopo essere stato coinvolto in due inchieste delle Dda di Milano e Catanzaro su presunti rapporti con esponenti della ’ndrangheta

Giusti aveva già provato ad uccidersi nel settembre del 2012 nel carcere di Opera. Il primo tentativo di suicidio da parte di Giusti si verificò il giorno dopo la condanna a quattro anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Milano per i presunti rapporti con la cosca Lampada della ’ndrangheta, attiva nel capoluogo lombardo. Soccorso dalla polizia penitenziaria, era stato ricoverato in ospedale con prognosi riservata ed aveva ottenuto successivamente, a causa della sue precarie condizioni psicologiche, gli arresti domiciliari. A Klaus Davi aveva, poi, rilasciato le due ultime interviste nelle quali si era definito innocente. "Sono stato leggero - aveva detto ai microfoni del programma KlausCondicio - mi pento di aver infangato la toga, ma non sono un corrotto. Con Giulio Lampada c’era un rapporto affettivo amicale: gli volevo bene, lo consideravo una persona da abbracciare, un confidente". "Come accertato dai processi in primo e secondo grado, nel periodo in cui lo frequentavo io non era assolutamente identificato come esponente della ‘ndrangheta", aveva poi detto ammettendo di aver sbagliato ad accettare il pagamento di donne e cene. "Mai ho preso soldi da lui, sia chiaro - aveva concluso - in tasca mia non è mai entrato un euro. Si è trattato solo di quattro cene con relative quattro donne. Questo era il modo di fare di Lampada, di testimoniare la sua amicizia. Lo faceva con tutti quelli che gli capitavano. Li è stato il mio errore". "Ma attenzione a fare il salto, dalle utilità che ho ricevuto a una certa corruzione, che non vi è stata", aveva aggiunto sottolineando come la debolezza fosse dovuta al difficile momento attraversato in seguito alla separazione dalla moglie.

Giusti aveva ricoperto il ruolo di giudice per l’udienza preliminare a Palmi (Reggio Calabria), quindi era finito in due inchieste per i suoi rapporti con la ’ndrangheta. In particolare la procura di Milano lo aveva indagato nell’ambito dell’inchiesta contro la cosca Valle-Lampada, mentre la Dda di Catanzaro lo aveva indagato nell’operazione contro la cosca Bellocco. "Non hai capito chi sono io... sono una tomba, peggio di... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice", aveva detto Giusti nel corso di una telefonata, intercettata dai magistrati della Dda di Milano, con il presunto boss della ’ndrangheta Giulio Lampada. Un altro elemento che emerse dall’inchiesta fu quella che gli inquirenti definirono "l'ossessione per il sesso" oltre che per "i divertimenti, gli affari e le conoscenze utili". In una sorte di "diario informatico" tenuto da Giusti e sequestrato dai magistrati milanesi, annotava tutti gli incontri hot. "Venerdì - scriveva l’ex giudice - notte brava con (...) Simona e Alessandra.

Grande amore nella casa di Gregorio".

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