Sgarbi quotidiani

La parabola del pescatore

«Marenzi... chiese a un pescatore come mai non avesse smesso di andare per mare, dal momento che suo bisnonno, suo nonno e suo padre erano morti tutti in mare. L'uomo... rispose con un'altra domanda: Perché? Suo bisnonno dov'è morto?».

«Nel suo letto», replicò Marenzi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«E suo nonno?».

«Nel suo letto, ovviamente».

«E suo padre?».

«Anche lui nel suo letto!».

«Belìn», commentò caustico il pescatore, «e lei ha ancora il coraggio di andare a letto?».

Non mi ha stupito, ma mi è sembrato proprio del suo spirito di filosofo, che questo breve apologo sia stato scritto da mio padre nel suo ultimo libro Il canale dei cuori (Skira), concepito prima di morire, nel suo letto, non per mare. Ironia e coscienza della nostra precarietà, con realistica commiserazione dei luoghi comuni e delle illusioni degli uomini. Guicciardini e Musil si agitavano nella sua mente, addomesticati in un racconto affabile, domestico, colloquiale, nel tono delle Satire di Ariosto, scritte nella casa di mia madre e di mio zio, ai quali si rivolge nel suo libro. Mio padre ci ha insegnato il senso della vita, la certezza che qualcuno ci guida, e ci lascia credere di essere Dio, alla condizione che noi abbiamo consapevolezza delle nostre possibilità e dei nostri limiti. Lui, sereno, li ha compresi; noi, rischiando l'infelicità, abbiamo tentato di superarli.

E siamo avventurosamente andati per mare.

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