Politica

La politica e il fattore tempo

Quel fattore tempo che modifica gli scenari

La politica e il fattore tempo

Il tempo in politica è quasi tutto. È la variabile che cambia gli scenari. Quello che oggi è possibile non è detto che domani lo sia ancora. E viceversa. Le cose cambiano e con il tempo ci puoi giocare. I bravi giocatori sono quelli che usano il tempo a proprio vantaggio come fanno i navigatori con il vento. È quello che sta accadendo nel Palazzo in questi giorni con strambate, sbandamenti e manovre di abbrivio. Gli elettori, che pensavano di avere risolto tutto con il voto, considerano questo issare e ammainare le vele solo tempo perso. L'Italia, però, è una repubblica parlamentare con una legge elettorale che non solo prevede il pareggio, ma lo asseconda. Questo significa che una maggioranza «naturale» non c'è, la devi trovare. Non ti arriva dal basso e neppure dall'alto come ai tempi di Napolitano. È il risultato di un accordo. Insomma, si tratta, e ognuno cerca di strappare il prezzo più soddisfacente. Il prezzo dipende dal tempo.

Matteo Salvini è quello che più di tutti ha alzato le vele. La fretta è il suo comandamento. Lo scrive e lo ripete praticamente tutti i giorni. È lui che ha dato l'accelerazione alla trattativa, sorprendendo anche Mattarella. L'idea di sedersi metaforicamente al tavolo con Di Maio gli ha aperto una strada alternativa al dovere stanare Renzi dal suo Aventino di rabbia e frustrazione. È un'intuizione più tattica che strategica, ma gli ha permesso di indossare il vestito di skipper della coalizione. Magari ancora non lo incarna del tutto, ma fa vedere che il taglio non è poi così inadeguato. La proposta che ha messo sul piatto dei Cinque Stelle al momento è questa: un patto di governo per realizzare una serie di obiettivi. Un patto a due? No, ci sarebbero dentro anche Berlusconi e Meloni. Le possibilità sono pochissime e con il passare dei giorni tendono allo zero. Questi sono raid: o vanno in porto o si torna indietro. Non è affatto detto che Salvini voglia davvero gettare l'ancora. Di Maio si è mosso con una certa cautela verso Salvini. Ha mosso comunque qualcosa e bisogna dire anche con una certa celerità. Ora si è fermato. Forse anche per timore di andare a sbattere o, semplicemente, anche lui per calcolo. Fatto sta che la pausa ha permesso al suo equipaggio di riprendersi dallo choc. Ma dove stai andando? Quello è Salvini e dopo c'è lui, proprio lui, Berlusconi. Il rumore che si sente sono tutti quelli, da Micromega alla Taverna, passando per Roberto Fico, che stanno prendendo a calci il timone. Grillo, nel frattempo, fischietta.

Berlusconi sta scommettendo sulla pazienza e su tempi di gioco meno frenetici. Non ha alcuna intenzione di gettarsi con foga nella mischia. Lascia a Salvini questo ruolo. Non è però fermo. Segue alla giusta distanza e si prende quello che trova sul cammino: per esempio la presidenza del Senato. Ora bisogna vedere con che nome e cognome la battezza. In mare ci sono tante rotte ancora indefinite e aspettare che si rivelino non è peccato. Giorgia Meloni si guarda intorno. Il governo non è una necessità, l'opposizione non è un approdo scomodo o sgradito. Forse ha già scelto dove andare, ma lo dirà al momento opportuno.

Chi non si vede in mare è, invece, Renzi. Sembra arroccato sulle rocce con Maria Elena Boschi e gli altri fedelissimi. Non si fida più di gran parte del suo vecchio equipaggio. Non lo nasconde. È isolato. Sta aspettando che qualcuno gli tenda la mano per tornare in gioco. L'unico suo alleato potrebbe essere il tempo. Se si va molto, ma molto, per le lunghe spera che arrivi qualcuno a pregarlo di lasciare il malmostoso esilio. È la sua disperata rivincita. Il resto del Pd smania per lasciare il porto, ma per farlo deve liquidare i renziani. Non si sa se non ne ha la forza o il coraggio. Fino ad allora resterà lì a gettare messaggi in bottiglia nel mare. Inquinano, inutilmente. Gentiloni e i suoi ministri continuano nel frattempo a gestire gli affari quotidiani, grossi o piccoli che siano, come se nulla fosse. Al massimo la mattina sbirciano il Quirinale per vedere se ci sono segnali di fumo. In fondo in Italia l'unica cosa stabile sono i governi precari. Mattarella, infine. Il presidente sussurra e non si muove. Non ha ancora scelto come e quando intervenire.

Spera che la bonaccia gli regali un miracolo.

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