Cronache

La polizia contro Alfano: "Scarica sulla piazza i suoi limiti politici"

Roberto Traverso, segretario provinciale del Silp Cgil, ripercorre gli eventi di Milano e denuncia l'inefficienza del governo

La polizia contro Alfano: "Scarica sulla piazza i suoi limiti politici"

Cosa è successo davvero a Milano lo scorso primo maggio? La polizia ha agito correttamente o è stata usata dal governo? Sono domande a cui è necessario rispondere e, per farlo, abbiamo intervistato Roberto Traverso, segretario provinciale del Silp Cgil.

Milano, 11 feriti tra i poliziotti e 0 tra i manifestanti. Per le forze dell'ordine non è affatto un bilancio positivo. Perché secondo Lei la polizia è stata usata in maniera solamente contenitiva e passiva?

Gli errori che possono esserci stati a Genova non devono diventare un alibi per giustificare il mancato intervento. Oggi come allora la polizia è stata utilizzata per impedire che i veri motivi della protesta, democraticamente portata in piazza, venissero soffocati nel silenzio. Alla base di questa incertezza c’è la mancanza di regole certe e norme severe per chi utilizza la piazza per destabilizzare. Purtroppo, questo limite ricade su una categoria che viene utilizzata in modo diverso seppur di fronte a situazioni analoghe. Come è successo a Bologna contro coloro che manifestavano contro il premier Renzi. E questo ci preoccupa molto…

L'organizzazione dei manifestanti era davvero spaventosa. Sapevano come muoversi, avevano gli strumenti adatti per far male, e parecchio, alle forze dell'ordine. Sappiamo dove hanno dormito. Sappiamo che hanno contatti con i centri sociali. Perché questi luoghi non vengono smantellati?

Lo dico da anni: la scelta di non investire, ma anzi di smantellare l’impianto investigativo sul quale si dovrebbe basare l’attività d’intelligence delle forze dell’ordine, sta da tempo producendo risultati dannosi alla sicurezza del Paese. Puntare esclusivamente alla gestione dell’ordine pubblico con metodi tra l’altro anacronistici, che non prevedono un reale coordinamento tra le specificità operative in campo, appare miope e pericolosa per gli equilibri democratici del Paese.

La polizia non si sente usata? Che ruolo ha il ministro Alfano nei fatti di Milano?

Sul fatto che ci sentiamo usati da una politica che non avendo la forza istituzionale di dare risposte concrete sulla sicurezza preferisce scaricare sulla piazza i propri limiti è, ahime, un fatto acclarato. Diventa svilente che proprio il Ministro dell’Interno contribuisca a mantenere questo grave stato d’incertezza che, purtroppo, alimenta il disagio nella categoria. Dico questo perché, ad oggi, oltre a slogan politici basati su proposte improbabili come l’introduzione del Daspo (strumento di per sè di dubbia efficacia già per gli stadi) anche per situazioni di ordine pubblico connesse a cortei e manifestazioni pubbliche, non abbiamo mai visto proposte concrete per una formazione professionale utile ed efficace, per un riordino delle carriere funzionale alle esigenze specifiche del Comparto Sicurezza. E, soprattutto, per evitare che, all’interno dello stesso Comparto, il tanto strombazzato coordinamento diventi occasione di contrapposizione interna sempre più in mano ai poteri forti di un Paese che sta regredendo paurosamente a prima del 1 aprile 1981 quando in Italia venne introdotta la legge di riforma della Polizia di stato.

Un suo collega, Riccardo Gazzaniga, ha scritto: "Dopo il 1° maggio tornano domande per i quali i poliziotti attendono risposte da anni. Nel momento in cui un corteo viene governato da persone armate di bastoni, con addosso caschi e maschere antigas, è lecito che quel corteo prosegua il suo percorso, anche se la legge lo vieta espressamente?". Una domanda più che lecita. Anche lei si è posto questo interrogativo?

Di fronte a fatti e comportamenti illeciti è impensabile e civilmente diseducativo che i tutori dell’ordine non intervengano, ma le dirò di più: è anche incomprensibile che di fronte alla possibilità di fermare in flagranza numerosi facinorosi si è preferito stare a guardare.

Certo è che la categoria vive questa situazione con disagio e perplessità perchè consapevole di essere affidata ad un Dipartimento della Pubblica Sicurezza che ha l’urgenza di trovare quell’autorevolezza istituzionale che la politica, dolosamente, non le riconosce perché così facendo ha la possibilità discaricare sulla piazza i propri limiti.

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