Ponte crollato a Genova

Ponte Genova, il mistero del dossier ignorato

Uno studio aveva rilevato criticità maggiori sulla pila 10 che su quella 9 del ponte Morandi, poi crollato

Ponte Genova, il mistero del dossier ignorato

La domanda è tutta lì: il disastro poteva essere evitato? Si poteva prevedere il crollo del ponte Morandi a Genova? Si poteva evitare la strage di innocenti?

È questo che la procura di Genova sta cercando di capire. E chissà se l‘’inchiesta (e forse il processo) permetterà di conoscere la verità su quanto successo il 14 agosto. Di chi è la colpa? La concessionaria Autostrade ha fatto tutto il possibile per rendere sicuro il viadotto attraversato ogni giorno da migliaia di auto?

In conferenza stampa stamattina il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, ha spiegato che "è stato evidenziato un forte stato di degrado nella parte della struttura non strallata". E, secondo quanto riporta La Stampa, il degrado delle torri che sorreggevano il ponte erano note ad Autostrade (e al ministero) ben prima che il viadotto crollasse su se stesso.

A dimostrarlo ci sarebbe un dossier realizzato da una commissione investigativa dopo la tragedia. All’interno del documento viene allegata una “attività di indagine svolta da Autostrade per l’Italia” prima che Genova venisse spezzata in due dal crollo. Si tratta, scrive il quotidiano torinese, di documenti allegati al progetto esecutivo che avrebbe dovuto consolidare il ponte, quei lavori che- in teoria- sarebbe dovuti partire a settembre dopo il bando di gara da 20 milioni di euro.

In programma c’era proprio il doppiaggio degli “stralli”, ovvero i tiranti in diagonale che sorreggono la strada tra una colonna e l’altra. Sul pilone di Levante il lavoro era già stato fatto nel 1993, per i restanti il consolidamento sarebbe dovuto arrivare a breve. Non c’è stato il tempo.

Il fatto è che negli studi per quei lavori era presente anche l'esito della “sorveglianza riflettometrica dei cavi di precompressione degli stralli". E cosa risultava? "Con riferimento alla pila 10 sopravvissuta al crollo" risultava “uno stato di degrado dei materiali, ovvero della corrosione dei trefoli (le singole "fibre", ndr) dei cavi di precompressione primari e secondari, più elevato rispetto a quello che era stato riscontrato nella pila 9".

Il fatto è che la pila 9 è quella crollata, mentre la pila 10 è ancora in piedi. Ed è quella che sta sopra alle case del quartiere che convive con il viadotto Morandi. I test sono stati realizzati a ottobre 2017, ma non indussero né Autostrade (né il Ministero) a ridurre il traffico sul ponte o sul prendere iniziative più rapide. Come mai? La società concessionaria ritenne che – nel complesso – il ponte poteva reggere. “Fu stimata – spiega La Stampa - una perdita di funzionalità - a seconda del punto del ponte considerato - tra l' 8 e il 16%, compatibile per i tecnici di Aspi con la sopravvivenza del manufatto”.

La commissione tecnica del Provveditorato criticò in parte il documento e i metodi utilizzati per verificare la tenuta degli stralli, ma le carte sono andate alla Direzione vigilanza sulla concessioni autostradali ed è stato avviato l’iter per i lavori di manutenzione. Che però non inizieranno mai.

“Nei documenti prodotti da Autostrade non c' erano elementi che facessero temere per la sicurezza", ha spiegato Ferrazza.

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