Cronache

Proteste contro i migranti: condannati nove militanti di Casapound

Condannati nove militanti di Casapound per gli scontri anti-migranti a Casale San Nicola. Iannone: "Processo politico"

Proteste contro i migranti: condannati nove militanti di Casapound

Dura condanna inflitta a 9 militanti di CasaPound. Gli esponenti del movimento di destra sono stati condannati in primo grado dal Tribunale di Roma per le proteste avvenute il 17 luglio 2015 nei pressi di un campo d'accoglienza a Casale San Nicola.

"Ingiustizia è fatta - attacca presidente di Casapound Italia Gianluca Iannone - Con le condanne abnormi inflitte per i fatti di Casale San Nicola si mette nero su bianco che difendere i diritti degli italiani agli occhi dello Stato è un crimine che crea più allarme sociale di un attentato terroristico. E in effetti in una Nazione in cui la giustizia sociale e il rispetto per i propri cittadini sono ai minimi, difendere gli italiani è un atto rivoluzionario".

Gli scontri con le forze dell'ordine esplosero all'arrivo dei bus dei migranti dopo che per settimane il partito e alcuni cittadini avevano realizzato un sit-in permanente. Quel presidio cercò di opporsi fisicamente al passaggio dei bus con i profughi. Dopo i tafferugli con la polizia, 9 militanti di CasaPound avevano ricevuto una denuncia sfociata ieri in otto condanne a 3 anni 7 mesi e solo una più lieve, da 2 anni e 7 mesi. Tra i nomi eccellenti ci sono il vicepresidente Andrea Antonini e il responsabile romano Davide Di Stefano. l pm, Eugenio Albamonte, a dir la verità aveva chiesto pene ancor più severe: per i nove imputati aveva chieto tra i 6 anni e mezzo e i 7 anni, per un totale di oltre sessant'anni, con le accuse di resistenza aggravata e lesioni.

"Le condanne, peraltro a pene che non hanno precedenti in Italia per questo genere di reati, arrivano giusto all'avvio della campagna elettorale per le politiche che vedranno Casapound impegnata con Simone Di Stefano candidato premier - aggiunge Iannone - Il paradosso è che, pochi mesi dopo quelle scene che nessuno avrebbe mai voluto vedere, l'allora prefetto di Roma Franco Gabrielli, con un clamoroso dietrofront, decise di chiudere la struttura per gli stessi motivi che i residenti avevano cercato invano di spiegargli, guadagnandosi solo accuse di razzismo, repressione e qualche manganellata".

Per Iannone si tratta di un "processo politico": "Non solo Casapound ha partecipato per quasi tre mesi al presidio pacifico per evitare che si destinasse a centro di accoglienza una struttura non adeguata - dice il presidente di Cp - ma anche che la resistenza opposta è stata passiva fino all'ultimo, quando la carica si è trasformata in scaramuccia con le prime file, ma mai c'è stata un'aggressione ai danni delle forze dell'ordine".

Senza contare che "tra le centinaia di persone che quel giorno si trovavano a Casale San Nicola solo 9 sono finite sotto processo per resistenza, e sono tutte di Casapound".

Commenti