Economia

Il QE di Draghi? Aiuta la Germania

Con il quatitative easing i tedeschi ora sono più ricchi

Il QE di Draghi? Aiuta la Germania

Draghi continua nella sua politica di espansione monetaria sino al prossimo marzo senza alcun mutamento perché essa non è ancora riuscita ad ottenere gli effetti sperati di spinta a una robusta e generalizzata ripresa del Pil nell'euro zona. Non si tratta di una sconfitta di Draghi e del QE (quantitative easing). Si tratta invece di una sconfitta della politica fiscale e regolamentare europea che compete a Bruxelles, ma è gestita a Berlino. Nel direttorio della Bce non tutti sono d'accordo sulla prosecuzione del QE, oltre il marzo 2017, anche se non risulta che una proroga sia esclusa. La Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha mostrato il suo dissenso al QE, sostenendo che l'acquisto di debito di Stati con un notevole deficit di bilancio o alto rapporto debito/Pil li agevola nelle politiche lassiste.

Ma le proteste tedesche sono lacrime di coccodrillo. Infatti i maggiori beneficiari della politica di QE della Bce sono in Germania. I dati sull'acquisto di bond, ossia titoli obbligazionari pubblici e privati da parte dell'Eurotower, e la struttura del provvedimento da essa adottato lo dimostrano. Il regolamento del QE della Bce in vigore stabilisce che gli acquisti di bond degli Stati membri dell'euro zona, che l'istituto di Francoforte effettua, mediante le banche centrali di ciascuno di essi, è proporzionale alla dimensione della loro economia. Perciò la Bce ha sino ad ora comprato 230 miliardi di titoli tedeschi, di debiti pubblici dei governi dei Laender, di imprese pubbliche e di pubblica utilità e di grandi compagnie finanziarie private tedesche. La Bce ha comprato 185 miliardi di titoli pubblici e privati francesi, 140 miliardi di titoli italiani, per quanto si sa, prevalentemente del debito pubblico statale e 120 miliardi di titoli spagnoli, una parte dei quali riguarda debiti di governi regionali e locali e d'imprese di pubblica utilità.

Draghi dosa gli acquisti cercando di non ridurre a livelli inaccettabilmente bassi i rendimenti del debito dei governi centrali. Cerca perciò di ridurre il più possibile la quota di Bund del governo federale tedesco, perché la loro remunerazione è azzerata ed è diventata negativa anche per emissioni a medio e lungo termine, in quanto essi sono considerati beni rifugio. I risparmiatori tedeschi, ma anche i nostri, si lamentano che la Bce con la sua politica abbia ridotto ai minimi termini il rendimento del risparmio. Anche le banche, data la riduzione di tassi, hanno difficoltà a fare profitti col credito alla clientela e con i conti correnti. Però la Deutsche Bank, che ha subito forti perdite nel trading a breve termine su derivati e grosse multe negli Usa per infrazioni alle regolamentazioni finanziarie, si è molto giovata dei bassi tassi, per rifinanziarsi. Analogamente la Volkswagen, per tappare i momentanei buchi nel bilancio dovuti al ritiro di autovetture e alle sanzioni per le violazioni delle norme anti-inquinamento dei motori.

La politica fiscale europea è fallita in modo vistoso per varie ragioni, fra cui ne campeggiano quattro riguardanti l'intreccio fra Bruxelles e Berlino. Sarebbe necessario che l'Europa varasse un proprio grosso programma di investimenti, mediante le sue istituzioni finanziare. Ma la somma che in totale queste hanno chiesto e ottenuto dalla Bce per finanziare propri investimenti è solo di 120 miliardi, una cifra irrisoria, inferiore agli acquisti di titoli della Spagna. La Germania, dal 2007, ha un surplus di bilancia dei pagamenti di 6-7 punti annui che ha causato una enorme deflazione della domanda globale dell'euro zona, generando effetti recessivi e danni alla ripresa degli altri Paesi membri: Berlino ha disobbedito alla regola europea di ridurre tale surplus. Il regolamento europeo sul bail in chiamando i risparmiatori a rispondere, in deroga al codice civile, dei debiti delle banche che ottengono aiuti pubblici, ne ha causato la sottocapitalizzazione. Bruxelles ha prescritto a Monti, Letta e Renzi di tassare le proprietà immobiliari, perché si tratta di una «buona imposta» (sic!) e ciò ha creato una gigantesca crisi alla nostra economia e al nostro sistema bancario.

L'elenco può continuare, ma questo basta per mostrare che non è la Bce, ma la politica fiscale ed economica dell'Europa che ha fallito.

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