Cronache

Quanti ecomostri (a rigor di legge) tra le nostre bellezze

Quanti ecomostri (a rigor di legge) tra le nostre bellezze

Un eco-mostro la villa di Curzio Malaparte a Capri? Non lo so. Insiste su uno sperone di roccia a pochi metri dai Faraglioni, una rara bellezza paesaggistica. Architettonicamente, benché ispirata nel tetto con paravento ondeggiante alla scuola di Le Corbusier, è un parallelepipedo che, anche grazie al colore rosso bello visibile, non si confonde affatto col paesaggio roccioso. Ribadisco, non saprei se definirla un eco-mostro o no.

Ma una cosa la so. Migliaia di turisti si recano ad ammirare da vicino questa costruzione degli uomini in uno scorcio di natura bellissimo, dove oggi non si potrebbe nemmeno piantare un ombrellone. Eppure nessuno tuona contro di essa, forse perché fu edificata nel 1936 nella pienezza dei permessi. Se hai il permesso non sei mostro. Seppure a qualcuno saltasse in mente di abbatterla, non potrebbe. Ma è un rischio inesistente, perché i tanti alfieri della difesa della natura e dei paesaggi non si spingono mai oltre i venti, massimo trent'anni. Troppo scomodo. Andando indietro si scontrerebbero magari con palazzo Donn'Anna, a Mergellina, proprio sull'acqua, e poi indietro fino a Venezia. Oggi potremmo edificare una simile meraviglia del mondo, pur disponendo di una laguna? Assolutamente no. Però poi gli stessi amici dell'ambiente si sgolano per difenderla dall'erosione delle acque. Ma l'acqua della laguna non fa parte della natura? E i palazzi veneziani - più belli della laguna stessa - non sono invece opera dell'uomo, da limitare e contrastare?

Come emerge da queste provocazioni, la materia è complessa. L'uomo e le sue opere fanno parte di questo pianeta, che piaccia o no. A volte l'abbelliscono, altre volte lo deturpano. Introdurre una valutazione di merito non guasterebbe. Gli stessi piani urbanistici non dovrebbero limitarsi a particelle di territorio e metri cubi, altrimenti accade quello che vediamo andando in giro per le nostre campagne. Accanto al rudere di una vecchia abitazione, ancora pieno di sapore e di storia architettonica (anche povera) di quei luoghi, troviamo la casetta orribile, inguardabile, costruita dal geometra amico sfruttando i metri cubi della vecchia, dove si è trasferita a vivere quella stessa famiglia, perché costava meno che ristrutturare la casa avita.

Però esiste una legge ed esiste un popolo incline a schivarla. È vero. Ma la legge non è una via semplice per regolare le cose, come il fuorigioco: o sei dentro o sei fuori. Chi conosce bene il diritto, nel senso che non solo l'ha imparato, ma lo ha anche capito, una cosa sa bene: il diritto è quanto di meno manicheo gli uomini abbiano prodotto. Legge perfettamente le sfaccettature della realtà e vi si adatta. Chi brandisce i codici invocando le ruspe, conosce l'istituto dell'usucapione? La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni (art. 1158 c.c., ma prima ancora XII tavole, Roma, 451 a. C. - sì, sempre Roma). Quando per anni lo Stato incassa la tassa sui rifiuti e allaccia luce, acqua, gas e fogne, cos'è? Non somiglia al riconoscimento di uno status di «uso proprietario» dell'immobile?

Quando si brandisce la mancanza di un permesso contro un manufatto, invocandone l'abbattimento, occorre prudenza e rispetto. Prudenza, perché sappiamo che quella scure colpirà solo una prima manciata di malcapitati. Dopo la prima sfuriata, le ruspe si spegneranno e tanti continueranno a vivere nelle abitazioni scampate alla furia istantanea di quello stesso Stato incapace di incassare i soldi dei condoni, che negli anni hanno risparmiato da simile sorte altre case. Abbatterne alcune e salvarne altre è un'ingiustizia ben peggiore. Rispetto. Abbattere lo scheletro di un manufatto in costruzione (non ancora casa abitata) non è lo stesso che abbattere un'abitazione che è dimora di persone, famiglie, bambini. Applicare la legge è una prerogativa dello Stato, ci mancherebbe, ma non può essere esercitata quando capita, al di fuori del tempo. Se non è stata demolita quando in costruzione, suggerirei di demolire la casa di chi all'epoca aveva la responsabilità di farlo. Chi legifera in favore della casa (rimuovendone le tasse) perché bene supremo e bla e bla, non dovrebbe avere sempre la medesima sensibilità? La casa non è le sue mura. Puoi abbattere delle mura, ma prima di toccare una casa ci devi pensare.

Anche due volte.

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