Cronache

Le baronie che uccidono la cultura

Le baronie che uccidono la cultura

L a notizia che la Procura di Firenze ha sgominato gli organizzatori di un concorso universitario, con l'accusa di averlo truccato, non è tra quelle che colgono di sorpresa un'intera nazione. Naturalmente, sarà compito della magistratura stabilire l'innocenza o la colpevolezza delle persone coinvolte, tra le quali sono inclusi molti professori. Tuttavia, che questo sia l'andazzo è comprovato da innumerevoli scandali simili. In questo caso, i professori avrebbero cercato di convincere un candidato a ritirarsi. Come mai? Era troppo qualificato per quel ruolo di ricercatore. Il motivo sarebbe esilarante se non rivelasse che il merito, a volte, lungi dall'essere un vantaggio, è una palla al piede. Il candidato in questione aveva un «brutto difetto»: l'ottimo curriculum che rischiava di far perdere il vincitore annunciato, meno attrezzato. Ci sono altri metodi creativi per fregare il malcapitato di turno e fare trionfare chi deve trionfare. A esempio, inserire nel bando un requisito che uno solo dei gareggianti può soddisfare. Oppure, quando è previsto uno scritto, articolare con sagacia i temi, in modo che facilitino un concorrente. Busta numero uno: Manzoni e Leopardi. Numero due: Leopardi e Manzoni. Numero tre: due poeti dell'Ottocento, Manzoni e Leopardi. E che imbarazzo quando scopri che ci sono due posti in palio e solo tre iscritti: tu, la foglia di fico che viene da fuori, e una coppia di laureati in loco col successo garantito. Queste cose si possono fare? Non conta: senz'altro sono state e sono fatte nel silenzio generale nonostante tutti ne siano al corrente.

A riguardo sono state scritte tonnellate di volumi, che hanno sviscerato il tema sotto ogni punto di vista. Sono state prospettate decine di soluzioni, dall'ultra statalismo alla totale liberalizzazione, e ogni possibilità intermedia. Ricordiamo poi pamphlet feroci, bisticci sui giornali, levate di scudi. Tutte queste denunce sono andate perdute nel tempo, come lacrime nella pioggia. Viene dunque il sospetto che il reclutamento in università sia irriformabile o peggio ancora, ma più probabilmente, che a nessuno interessi davvero riformarlo. Anche i cambiamenti, che pure ci sono stati, hanno portato a nulla. Vince chi deve vincere (tra cui ci sono anche quelli che se lo meritano, sia chiaro). Peccato. L'università avrebbe bisogno di spalancare le finestre, fare entrare aria fresca, rinnovarsi. Gioverebbe alla ricerca e agli studenti. In fondo, se abbiamo una cultura tra le più conformiste e le meno rilevanti d'Europa, il motivo è (anche) che le baronie, alla lunga, incoraggiano la trasmissione feudale del pensiero.

Sempre lo stesso, quel pensiero unico che, in tutti i campi, si diffonde come un contagio: aule, editoria, media, piazze.

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