Cronache

Quell'asilo con le sbarre che aspetta l'arrivo del piccolo Achille

Viaggio all'Icam, uno degli istituti in cui vivono le madri detenute con i loro bambini. Qui si vedranno la ragazza dell'acido e il suo bimbo

Quell'asilo con le sbarre che aspetta l'arrivo del piccolo Achille

Se non fosse per quelle sbarre alle finestre... Potrebbe sembrare un asilo. Di quelli belli, puliti, profumati dove le mamme portano ogni mattina i figli. Mamme liberi di bambini liberi. Qui, invece, ci troviamo davanti al portone dell'Icam di Milano. Anche l'Icam (istituto a custodia attenuata per madri detenute) è, a suo modo, un «nido» colorato e pieno di balocchi. Con educatrici che fanno giocare i piccoli e li accarezzano. L'unica differenza - non da poco - è che questi sono bimbi «reclusi», figli di mamme incarcerate. L'Icam di Milano è un istituto-modello. Struttura di riferimento non solo a livello nazionale, ma che europeo. Insomma, un'eccellenza. In una di queste stanzette con i pupazzi per terra tra un po' (una settimana, un mese un anno? Con i tempi della giustizia italiana non si sa mai) potrebbe essere «rinchiuso» anche Achille, il bimbo partorito da Martina Levato nel giorno di Ferragosto.

Contestualmente a quell'evento un pm decideva che «nell'interesse del neonato» era meglio che mamma e figlio non si incontrassero. Da lì fiumi di polemiche. E di melassa. Tutti a dare addosso al pm «insensibile», «colpevole» di aver «strappato» il piccolo all'«abbraccio» della madre. Peccato che quella madre sia stata condannata a 14 anni per aver sfregiato con l'acido il suo ex fidanzato e un altro paio di ragazzi. Complice nell'edificante impresa, il padre del neonato, Alexander Boettcher, pure lui condannato a 14 anni.

Ma l'altroieri è intervenuto il Tribunale dei minori che ha provvisoriamente «restituito» a Martina il bambino: potrà vederlo una volta al giorno. Nello stesso tempo si continuerà nella procedura di adozione.

Ma cosa accadrà in questo lasso di tempo tra abbracci materni ritrovati e possibile individuazione di una nuova famiglia per Achille? Qui torna in ballo l'Icam di Milano. Il luogo «protetto» dove il gip ha previsto che mamma e figlio possano continuare a vedersi, ad «abbracciarsi», finche il tribunale non troverà una soluzione definitiva. Al momento nell'Icam milanese vivono dieci mamme condannate per gravi reati, ma che in questa «casa» possono continuare a sentirsi madri «libere», specchiandosi nell'affetto per i loro bimbi.

Qui le storie sono diverse ma, per certi versi, uguali. Il dato che drammaticamente le accomuna è che lo status di recluso accomuna mamme colpevoli e figli innocenti (tutti con età compresa tra zero e sei anni). Una pena da espiare insieme. In un contesto mille volte migliore di un carcere, ma pur sempre inadatto alla vita di un bambino. In un videoservizio curato l'anno scorso da due giornalisti del Fatto Quotidiano , le parole di alcune mamme rendono bene il senso di una realtà problematica: «Qui abbiamo l'illusione di essere mamme normali. Un concetto di normalità piuttosto aleatorio, considerato che ad accompagnare i bimbi all'asilo (quello vero) e a giocare al parco non sono le mamme ma le educatrici dell'Icam. Le porte non sono cancelli di ferro chiusi a tripla mandata. Qui le agenti penitenziarie non sono in divisa.

Racconta una di loro: «Porci in abito borghesi aiuta molto nei rapporti con le detenute». Significativa la testimonianza anche di una delle educatrici: «Spesso con le mamme si instaura una sorta di gelosia, perché i bimbi si affezionano anche a noi in maniera viscerale». Bimbi, quasi sempre con un'aria triste, come se «sentissero» che quello, nonostante la facciata da ludoteca, rimane comunque un luogo di sofferenza.

La struttura, nata nel 2006, è una delle poche funzionanti in Italia, dove 34 bimbi sono costretti a condividere la detenzione con le madri all'interno delle carceri. «Una vergogna da superare», l'ha definita il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che un mese fa ha assunto pubblicamente l'impegno di arrivare a «quota zero» entro la fine dell'anno. Dei 34 bambini «reclusi» (ma i minori che hanno un genitore detenuto sono più di centomila) quelli che vivono propriamente in carcere sono 19 e la maggioranza di loro (9) si trova nel reparto femminile di Rebibbia. Gli altri sono invece negli Icam, purtroppo non tutti professionali e confortevoli come quello milanese. Un asilo perfetto.

Se non fosse per quelle sbarre alle finestre..

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