Controcorrente

Va in onda il lavoro. E la radio diventa ufficio di collocamento

Stufo dei piagnistei del Sud senza speranze, Vito Verrastro cinque anni fa si è inventato un'iniziativa a metà strada tra servizio e intrattenimento

Va in onda il lavoro. E la radio diventa ufficio di collocamento

Lavoradio non è un luogo per chi cerca un posto, ma un posto dove cercare un luogo. Un luogo che è dentronoi e si chiama occupazione, possibilmente impastata con creatività e iniziativa personale. Insomma, nulla a che fare con la polverosità «garantista» dell’impiego fisso. Il primo a sperimentare su se stesso l’energia dinamica di Lavoradio è stato l’inventore stesso di questa emittente radiofonica (ma ormai multidisciplinare) unica in Europa. Lui, l’apripista del concetto obamiano del yes, we can declinato però sui verbi dei nuovi mestieri emergenti, si chiama Vito Verrastro.

Vito, cinque anni fa, stufo della giaculatoria «Al sud non c’è lavoro, a noi giovani ci tocca sempre emigrare...», si è rimboccato le maniche e nella sua città, Potenza, ha fondato un’impresa che è una via di mezzo tra un network con le antenne sempre sintonizzate sulla modernità e un vecchio «ufficio di collocamento» per giovani imprenditori, che però il vecchio lo detestano. Qualche cifra per rendere l’idea dell’attivismo lavoradiano: 1.164 podcast prodotti (chiamasi pdcast il contenuto scaricabile e riproducibile anche su un lettore portatile); oltre 200 puntate trasmesse; 350 casi di impresa raccontati: oltre 12.000 studenti e giovani incontrati.

Un circolo virtuoso che dal 2012 ad oggi ha generato centinaia di opportunità di lavoro. Spiegandoci la «filosofia» di Lavoradio, Vito non riesce proprio a evitare di sparare una mitragliata di termini ben noti agli «smanettoni» digitali, ma assolutamente estranei a chi come noi va in confusione anche se deve inviare un semplice sms: «Sì, lo so, quello dell’esasperato linguaggio webiano è un mio difetto, ma prometto che cercherò di esprimermi solo in italiano». Stipulato questo, fondamentale, «patto lessicale» procediamo nelle domande con animo decisamente più sereno.

«Nell’ideare Lavoradio — racconta Verrastro — sono partito dal presupposto che ognuno di noi può fare la differenza e procurarsi delle chances sul mercato del lavoro, ma deve fare molto di più rispetto al passato, iniziando dalla comprensione di sé. Sembra un elemento scontato ma non lo è affatto, così come non è scontato comprendere come può migliorare. Imparare l’ottimismo è un ottimo libro di Seligman, così come L’intelligenza emotiva di Goleman, due testi importanti che dovrebbero entrare in tutte le scuole».

Mentre parla, a fianco di Vito c’è la sua redazione: Angela, Albina, Ivan, Leonardo, Dino e Vitina. Sono tutti giovani, ma che non rinunciano a criticare una certa «pigrizia» che non manca di albergare anche in chi anagraficamente dovrebbe sprizzare spirito di iniziativa: «Ognuno di noi può fare qualcosa con strumenti gratuiti: fare del sano networking (tradotto: offerta e ricerca di lavoro ndr) attraverso il web e i social è una leva potente, ma molto sottovalutata dai giovani».

Già, i giovani. «Sono stati loro la molla che ha fatto scattare il progetto-Lavoradio — ricorda Verrastro — . Ho immaginato un format radiofonico che guardasse al lavoro “che c’è o che si può… inventare”. Volevamo raccontare i protagonisti di un’Italia che non si arrende, che le persone possono fare la differenza, in qualsiasi contesto e latitudine. Tutto ruota intorno al concetto di opportunità: oltre alle storie di impresa distribuiamo “pillole motivazionali“, news, informazioni in ambito europeo».

Tra i primi ospiti di Lavoradio, Guido Martinetti, il «genio» delle gelaterie Grom, diventate poi un’eccellenza del made in Italy. Martinetti, ora a capo di un impero, ricorda con simpatia quell’esperienza a Lavoradio: «Mi ha portato fortuna, si sentiva che quei ragazzi avevano entusiasmo. Sono felice che anche lor abbiano fatto carriera»«Martinetti partì con una base di 60 mila euro in società con suo amico. Avevano certo più entusiasmo che soldi, ma l’idea era vincente. E hanno sfondato. È questo lo spirito in cui si identifica Lavoradio», commenta Verrastro. Che poi ricorda, tra le tante altre storie emblematiche, quelle dell’«informatico che si è reinventato cake designer e dell’universitaria che ha ideato un servizio di baby taxi».

Ma di storie belle e originali nel curriculum di Lavoradio ce ne sono tante: «Abbiamo incrociato spesso personaggi davvero singolari come il sommozzatore nei campi di golf per recuperare le palline finite in acqua, lo spaventapasseri umano, il selezionatore di pulcini, l’appuntatore di matite professionali, il collaudatore di materassi, la professionista delle coccole (non è una prostituta, solo coccole di affetto ndr)». «In Italia — aggiunge Verrastro — , quella che raccontiamo ovunque è la storia di Giovanni Cafaro, un signore di Salerno che, emigrato a Milano, da disoccupato ha tirato fuori creatività, ascolto e capacità empatica, inventandosi la professione di “codista“, ovvero di chi fa la coda per gli altri (negli uffici, per il pagamento delle bollette ecc.) e viene pagato un tot all’ora.

Una professione che è diventata un successo, tant’è che lo stesso Cafaro ha creato l’Accademia dei codisti»Rispetto alle professioni «serie» ma poco note, Lavoradio offre decine di «profili del web», consultabili sul sito dell’emittente: «Si è scatenata la caccia al talento digitale — raccontano i redattori di Lavoradio — . Ci sono i posti, ma scarseggiano i giovani preparati. È quindi importante guardare con attenzione a queste opportunità che offrono ottime possibilità occupazionali». Ogni settimana Lavoradio racconta di un mercato del lavoro profondamente cambiato, che continua a farlo ad una velocità impressionante. Il World Economic Forum dice che il 65% dei ragazzi che oggi entrano a scuola farà un lavoro che oggi non esiste. Linkedin, nello stilare una classifica delle 5 professioni emergenti, tempo fa, rivelò che si trattava di profili che 5 anni prima neanche esistevano».

Paradossalmente è come se le nuove generazioni fossero troppo immerse nel cambiamento per riconoscerlo: situazione aggravata dal fatto di essere affiancati da genitori e docenti che nella maggioranza dei casi restano ancorati a tradizionali percorsi (studio/lavoro/pensione) ormai anacronistici. La verità è che oggi i percorsi vincenti si battono soprattutto a colpi di clic. E noi dobbiamo trasformarci in tanti Tarzan capaci di muoversi volando tra le web-liane penzolanti nella giungla della rete. Gli strumenti per indagare la realtà da un punto di vista positivo ci sono, ma vanno cercati, scovati, seguiti.

A patto però che si abbia una mentalità fluida.

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