Cronache

Il rapporto sull'Isis: "Così i jihadisti hanno trovato le armi"

L'arsenale dei jihadisti proviene da armi fornite negli anni da diversi Paesi a Iraq e Siria. Ora producono per conto loro

Il rapporto sull'Isis: "Così i jihadisti hanno trovato le armi"

"Come abbiamo armato lo Stato islamico". In un nuovo rapporto Amnesty International denuncia come "decenni di forniture mal regolamentate di armi all’Iraq e gli scarsi controlli sul terreno" abbiano messo a disposizione dell’Is un "ampio e mortale arsenale", usato per compiere crimini di guerra, e violazioni del diritto internazionale umanitario e crimini contro l’umanità su scala massiccia nello stesso Iraq e in Siria.
Basandosi sull’analisi da parte di esperti di migliaia di video e immagini di cui è stata verificata l’autenticità, il rapporto di Amnesty International spiega come il gruppo armato stia usando oltre 100 diversi tipi di armi e munizioni, in larga parte prelevate dai depositi militari iracheni, concepite e prodotte in almeno 25 Paesi, compresi Russia, Cina, Usa e alcuni Stati dell’Unione Europea. Altre armi, secondo il rapporto, sono state prese sui campi di battaglia o attraverso commerci illeciti e defezioni di uomini armati in Iraq e in Siria. Dopo aver conquistato l’irachena Mosul, nel giugno 2014, l’Is è entrato in possesso di "una incredibile quantità" di armi e munizioni di fabbricazione internazionale, tra cui armi e veicoli militari made in Usa. "Gran parte delle armi finite nelle mani dello ’Stato islamicò erano state originariamente fornite all’Iraq dagli Usa, dalla Russia e da altri Paesi dell’ex blocco sovietico tra gli anni Settanta e Novanta - si legge in un comunicato - La maggior parte delle armi prese in Siria sono state originariamente fornite dalla Russia, da altri Paesi dell’ex blocco sovietico e dall’Iran".

Il rapporto di Amnesty International evidenzia come anche l’Italia possa "aver giocato un ruolo non indifferente nell’armare l’Is, rifornendo durante la guerra del 1980-88 - secondo fonti ufficiali Usa, sia l’Iraq che, in maniera meno trasparente, l’Iran".
"La quantità e la varietà delle armi usate dallo Stato islamico è l’esempio da manuale di come commerci irresponsabili di armi alimentino atrocità di massa - ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore su controlli sulle armi, commerci di materiali di sicurezza e violazioni dei diritti umani di Amnesty International - La scarsa regolamentazione e la mancata supervisione sull’immenso afflusso di armi in Iraq a partire da decenni fa sono state la manna dal cielo per lo Stato islamico e altri gruppi armati, che si sono trovati a disposizione una potenza di fuoco senza precedenti". Secondo il rapporto, tra le armi avanzate finite nelle mani dell’Is vi sono i sistemi di difesa aerea portabili a spalla (noti con l’acronimo Manpads), missili anti-carro guidati, veicoli
blindati da combattimento, fucili d’assalto come gli Ak russi e gli M16 e i Bushmaster statunitensi.

L’Is e altri gruppi armati, sottolinea il rapporto, hanno anche iniziato a produrre armi per conto proprio: razzi, mortai, granate, ordigni esplosivi improvvisati, trappole esplosive, autobombe e persino bombe a grappolo, queste ultime proibite a livello internazionale.

Il rapporto di Amnesty International ripercorre la lunga storia della proliferazione delle armi in Iraq e la complessa catena di rifornimento che molto probabilmente ha portato alcune delle più recenti forniture nelle mani dell’Is.

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