Cronache

Regeni, la verità non si trova senza diplomazia

Noi italiani, purtroppo, sappiamo bene che le bugie di Stato sono destinate a restare tali a lungo e in alcuni casi per sempre

Regeni, la verità non si trova senza diplomazia

L'Italia ha rimandato l'ambasciatore in Egitto dopo oltre un anno di relazioni interrotte per le ambiguità - usiamo questo eufemismo - del governo di quel Paese sul caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ucciso - probabilmente su ordine o almeno con la complicità dei servizi segreti locali - nel gennaio dello scorso anno mentre si trovava per lavoro al Cairo. La decisione di ripristinare normali rapporti diplomatici ancora in assenza di una versione dei fatti chiara, credibile e definitiva, ha suscitato lo sdegno della famiglia del ragazzo e di molte forze politiche. Se sulla famiglia non si discute perché quando ti torturano un figlio hai il diritto di dire e fare ciò che credi, sulle reazioni politiche qualche dubbio lo abbiamo.

Se il ritiro del nostro ambasciatore al Cairo ha sicuramente avuto un alto valore simbolico e politico all'epoca in cui il governo egiziano negava l'evidenza e depistava spudoratamente le indagini, oggi ha senso non fare «pace» con un Paese strategico di un'area del mondo per noi fondamentale (pensiamo solo alla situazione libica) perché la verità su Regeni è ancora parziale e omertosa? Noi italiani, purtroppo, sappiamo bene che le bugie di Stato sono destinate a restare tali a lungo e in alcuni casi per sempre. Dalla strage di Piazza Fontana a quella di Piazza della Loggia, dal sequestro e uccisione di Aldo Moro a Ustica, decenni di indagini, processi e dibattiti non hanno portato a verità storiche. Pensiamo davvero che gli egiziani siano una democrazia più onesta e trasparente della nostra? Io non credo e quindi penso sia molto meglio, anche per la memoria di Regeni, che la diplomazia riprenda il suo lavoro perché tra i due Stati torni un minimo di fiducia. C'è da pensare a risolvere questo caso ma ci sono anche da tutelare quattromila italiani residenti in Egitto, oltre cento nostre aziende che hanno appalti in quell'area, più di centomila egiziani che vivono in Italia e cinque miliardi di scambi commerciali tra i due Paesi.

La vita di un uomo non ha prezzo, ma la vita di una comunità continua anche dopo porcate di Stato, come ben sappiamo. Se dovessimo chiudere le ambasciate di tutti i Paesi che non rispettano i diritti umani (cioè i due terzi del mondo, Cina compresa) risparmieremmo un bel po' di soldi ma non miglioreremmo di un centimetro né noi né il mondo. Anche perché la diplomazia è un'arte che a volte fa miracoli. E arriva a fare luce, magari pure su Regeni, dove il buio è più fitto.

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