Cronache

Renzi, Berlusconi e il risiko sulla legge elettorale

Renzi, Berlusconi e il risiko sulla legge elettorale

Caro direttore,

non è dato sapere se questa sera Andrea Mazziotti, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato e relatore della legge elettorale, manterrà ancora il suo ruolo. La sua proposta, infatti, non è piaciuta al vertice del Pd e, soprattutto, a Matteo Renzi. «Mazziotti - spiegava il leader del Pd qualche giorno fa a più di una persona - ha fatto una sorta di colpo di mano: ha preso nei fatti la proposta che è venuta fuori dalla Consulta, abbassando le soglie di sbarramento al 3% in entrambe le Camere e rendendole più congeniali al suo gruppo di appartenenza. Questa è stata la sua unica preoccupazione: a noi, però quella proposta non piace e deve saltare, magari mettendo in minoranza martedì il suo relatore. Il testo base che deve uscire da Montecitorio è il Mattarellum "modificato", con il 50% dei parlamentari espressi in collegi uninominali e l'altro 50% con il proporzionale. Sarà questo è il modello su cui aprirò i giochi in Senato. A meno che...».

Appunto, la partita a scacchi a cui è appesa la legge elettorale che deciderà il prossimo Parlamento e la durata dell'attuale legislatura, è cominciata. Una partita complicata, esasperata da mille tatticismi e condita da mille desideri nascosti. Si parla degli equilibri di oggi, ma pure, in controluce, delle possibili formule future. E ognuno dei tanti protagonisti in campo ha la sua filosofia, il suo obiettivo. Salvini, dopo avere vinto le primarie della Lega, vuole avere una legge elettorale al più presto, per votare il prima possibile. I grillini continuano a perpetuare il loro gioco dell'oca: lanciano una proposta, ne aggiungono un'altra, per tornare di nuovo alla casella di partenza. I «centristi» di ogni credo hanno una sola fobia, abbassare le soglie di sbarramento al livello più basso, se fosse per loro anche sotto lo zero. Le varie anime della sinistra si dividono tra chi punta su soglie raggiungibili, che garantiscano autonomia; e chi, invece, punta al premio di coalizione, per imbrigliare Renzi nel gioco delle alleanze.

In ultimo ci sono i due giocatori che hanno la strategia più leggibile, probabilmente i principali attori: Berlusconi e Renzi. Il Cav vorrebbe un sistema come quello uscito dalla Consulta, magari accompagnato da un premio di coalizione. Sogno difficile da realizzare, perché il vertice del Pd da quell'orecchio non ci sente. In subordine un sistema proporzionale, sul modello tedesco, magari con un premio alla lista del 40%, proibitivo per tutti i contendenti, che gli consenta di avere le mani libere rispetto a un alleato estremamente instabile come Salvini. Su questa posizione c'è il 90% del gruppo dirigente di Forza Italia, a parte il capogruppo dei senatori Romani, a cui piace il «Mattarellum modificato», cioè il sistema da cui vorrebbe partire il segretario del Pd.

E arriviamo a Renzi, al leader del maggiore partito presente in Parlamento, che, non fosse altro per i numeri, dovrebbe dare le carte. «Io - spiega Renzi, descrivendo ai suoi l'altalena degli ultimi mesi - prima ero potentissimo. Poi, con la sconfitta al referendum, sono andato sotto un treno. Ora con la splendida vittoria alle primarie, che mi riconosce anche Prodi, sono in una posizione mediana. E posso fare la mia partita». Il Paulo Sousa della politica italiana (Renzi è un tifoso sfegatato della Fiorentina) prevede due strategie: una minimale; e un'altra più ambiziosa, che, per riuscire, ha però bisogno della disponibilità di un interlocutore. Tutte e due le ipotesi sarebbero favorite da un'eventualità che è come un fiume carsico, a volte sembra a portata di mano, altre volte si allontana: cioè, l'ipotesi di un decreto legge che apporti alla legge elettorale uscita dal referendum le piccole modifiche necessarie per renderla subito applicabile, scongiurando possibili ricorsi. Sarebbe lo «strumento» di minaccia necessario per sbloccare lo stallo in cui versa la trattativa tra i partiti. «Se ne è parlato - è il laconico commento che l'ex premier consegna ai suoi - ma non so se Mattarella alla fine darà il via libera».

A parte questa variabile, che non è nelle sue disponibilità, l'ipotesi minimale perseguita da Renzi ha come sbocco quello che il premier definisce «il simil Mattarellum», cioè il sistema che vorrebbe fare uscire dalla Camera e che piace pure a un suo alleato storico, Denis Verdini. «Credo - ha spiegato al suo stato maggiore il segretario del Pd - che sia il sistema più ostico per i grillini. Loro non hanno il personale politico che gli può consentire di sfondare nei collegi. Un'ipotesi del genere naturalmente ci porterebbe al voto in primavera. Bisognerà mettere in piedi una legge di Stabilità il più possibile accettabile. E si vedrà... A meno che...».

Già, «a meno che...»: è l'espressione di rito con cui Renzi tira in ballo il convitato di pietra di tanti suoi ragionamenti, cioè il Cav. «Vedete - è la confidenza a cui il leader del Pd si è lasciato andare in questi giorni con più di qualcuno - io posso capire che il simil Mattarellum possa creare difficoltà a Forza Italia. E in fondo, non avrei nessun problema a lavorare pure sul sistema tedesco. Uno schema nel quale si potrebbe introdurre anche una soglia di sbarramento al 5%, che semplificherebbe la geografia politica e che dovrebbe piacere pure al Cav. Solo che un'ipotesi del genere dovrebbe prevedere un'identità di vedute anche sul resto, sulle tappe che ci dovrebbero portare al voto. Per me va bene votare in primavera, ma certo che fissare le urne il 24 settembre, cioè lo stesso giorno delle elezioni tedesche, o il primo ottobre, ci allineerebbe con i tempi degli altri principali paesi, cioè la Francia e, appunto, la Germania. Sarebbe un vantaggio di non poco conto, visto che dovremo aprire una trattativa con l'Ue. Senza contare che ora i grillini sono in discesa nei sondaggi, ma c'è il rischio che la scadenza della legge di Stabilità e, forse, le elezioni siciliane, gli ridiano fiato in autunno».

Ed ecco spiattellata l'ultima proposta di Renzi al Cav: si può lavorare su una legge elettorale sul modello tedesco, ma allora bisogna ragionare pure sul tema delle elezioni in autunno. Un'offerta ma anche, a seconda dei punti di vista, una minaccia. Un discorso razionale. In fondo. Solo che di mille incomprensioni e diffidenze maturate in questi anni, è lastricata la strada che porta da Rignano sull'Arno ad Arcore. «Io non mi fido: quello si prende le elezioni e non ci dà il sistema tedesco», taglia corto Brunetta.

Solo che la politica è fatta anche di alleanze, magari contingenti, e si tratti di Renzi, o di Salvini, alla fine il Cav si dovrà pur fidare di qualcuno.

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