Cronache

È rinato il mattoncino Ora fa il divo del cinema

Otto anni fa l’azienda era in crisi nera, oggi ha un giro di affari di 2.514 milioni. Grazie a Hollywood

È rinato il mattoncino Ora fa il divo del cinema

I giochi più vecchi del mondo - almeno dal punto di vista dei nati negli anni '60 - hanno messo il turbo. E da almeno un lustro. Un turbo dal nome preciso: «licensing», cioè l'acquisizione dei diritti di sfruttamento di un marchio, un logo, un personaggio, a volte un'intera saga entrata nell'immaginario collettivo. Adattarsi per non morire? Molto meglio: rinnovarsi in modo ultra-pop, allargando ancor di più la propria quota di mercato. I bambini (e gli adulti) ci vanno matti, i soci azionisti ringraziano.
Prendiamo la danese - ma ormai globalizzata - Lego. Otto anni fa era in crisi nera: i Ceo si dimettevano a raffica, i padroni (come Kjeld Kirk Kristiansen) erano costretti a ricapitalizzare e gli operai venivano licenziati a cento per volta. I celebri mattoncini di plastica non vendevano più. Oggi Lego (+17% di vendite nel 2011, giro d'affari di 2514 milioni di euro, in Italia 79 milioni, cioè un incredibile +30% rispetto al 2010) è sempre più legata a licenze come Star Wars, Indiana Jones, Harry Potter, Pirati dei Caraibi, Cars, Toy Story, Winnie The Pooh, più una sequela di personaggi presi da Walt Disney, Marvel, Warner Bros. In arrivo (dal 1° maggio) una serie di supereroi che va da Hulk a Captain America. Inoltre, dopo l'estate, collegata all'uscita di un film, ci sarà un'altra grossa licenza Lego: per il momento è top secret. Non bastasse, Lego produce anche licenze proprie, supportandole con serie animate in televisione: come le prossime 26 puntate di Ninjago. Dai mattoncini a un promettente futuro nell'entertainment: passo non facile. Ma così la crisi è doppiata.
«Certo, Lego non è solo licensing - ci dice Camillo Mazzola, direttore marketing di Lego Italia. La parte licenze non pesa più del 50% nel nostro business, ed è più o meno equamente divisa tra esterne ed interne. Produciamo giochi, ma la filosofia sottostante è vendere storie. La plastica è solo il lato fisico della faccenda». Curiosità: per la Apple di Steve Jobs era l'esatto contrario. Il software serviva per vendere l'hardware, ben più remunerativo.
Poi, il doppio salto mortale, da far storcere il naso a chi pensa che il capitalismo stia raggiungendo la massa critica (o l'abbia già raggiunta). Dall'acquisire licenze a venderle. Da qualche tempo, i produttori fanno a gara per realizzare custodie iPhone Lego, agende Moleskine Lego, abbigliamento Lego (dalle scarpe alle T-shirt) e persino gioielli Lego. «Tutto grazie, anche, al lavoro di acquisizione delle licenze - ci dice Mazzola. Hanno funzionato come trait d'union tra generazioni, come quella di Star Wars. Da padre in figlio e ritorno. E anche per Lego stessa è così. Ma per gestire le licenze ci vuole cautela. Quella sulla saga di Harry Potter partì rivolgendosi a un pubblico piccolo, che poi divenne sempre più dark, man mano che uscivano i film. Abbiamo dovuto adeguare i prodotti. Bisogna saper cogliere la licenza più cool nel momento giusto e con diversi anni di anticipo». Spesso, infatti, nell'acquisire una licenza si parte al buio. Il successo è tutto da dimostrare, e potrebbe non arrivare mai. «I nostri dipartimenti di ricerca - dice Mazzola - sviluppano i prodotti sulla base di reciproche affinità o di fiducia verso la società che fa licenze. Il contratto viene firmato tra clausole di riservatezza di ogni genere e si devono convincere controparti e clienti senza avere nemmeno delle foto dei prodotti». Pignoleria maniacale, lavoro dietro le quinte, attenzione a ogni minima variazione dell'immaginario collettivo: quanti sospettano tutto ciò dietro dei semplici mattoncini di plastica? O anche solo ascoltando l'imperdibile fonia del centralino della Lego Italia, realizzata con le voci dei bambini dei dipendenti?
Ma Lego - sebbene sia il caso più eclatante - non è l'unico vecchio gioco ad essersi scrollato gli anni di dosso. Ricordate il Monopoli? Oggi è diventato un browser game, Monopoly City Streets, giocato via web su mappe di Google Maps. Risultato di una sinergia tra Google e la Hasbro (e le sue agenzie digitali, come la DDB), che lo produceva dal 1935. Ancor prima, anche Monopoli aveva ceduto al fascino del licensing: esistono Monopoli con personaggi di Walt Disney, della serie animata Spongebob e persino un Monopoli Ferrari, per appassionati della casa di Maranello. E che dire del Risiko? Prodotto dalla Parker Brothers sessant'anni fa, sembrava dovesse morire insieme alla Guerra Fredda.

Invece lo trovate oggi come app per iPad, nonché nelle versioni Star Wars, Signore degli Anelli, Narnia e persino Metal Gear Solid, quest'ultima dal celebre videogioco per Playstation.

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