Cronache

La rivincita dei non-digitali: il web non è sicuro

Tra i diversi conflitti generazionali, c'è anche internet

La rivincita dei non-digitali: il web non è sicuro

Tra i diversi conflitti generazionali, c'è anche internet. Sono un papà diversamente giovane di un ragazzino dodicenne. Per lui internet è l'essenza della vita, per me un problema della vita. Da lui vengo mortificato, deriso ogni volta che pasticcio con la posta elettronica e Google, e capisco che non ho chance per difendermi dalla sua commiserazione. Ma, in queste settimane, tutta la tradizionale generazione non digitale, che è ancora una maggioranza silenziosa, sta avendo la sua rivincita.

Un sottile, crudele piacere sta attraversando le nostre menti. Crudele perché si basa sulle disgrazie altrui, sottile perché non durerà a lungo: solo un contentino per far capire che noi, proprio fessi, non siamo. Non c'è bisogno di ricordare nei dettagli cosa sia successo a chi fa uso e abuso di internet. Da quella povera ragazza sconsiderata che ha messo i suoi filmini hard in rete fino al furto della privacy con l'attacco dei pirati informatici a Yahoo, è tutto un discutere sull'uso delle piattaforme elettroniche nelle loro diverse due possibilità, da quelle bancarie agli acquisti di merce, alla posta all'informazione. Indietro non si torna, e affermare che l'online sia inutile è assolutamente falso. Indiscutibile è la semplificazione di tante operazioni proprie della quotidianità banca, posta ecc. - che prima richiedevano tempo, code estenuanti e, talvolta, anche qualche fastidioso litigio. Dunque, si vada avanti, ma come?

La risposta che ora è sulla bocca di tutti si riassume con una parola: «sicurezza». Più che comprensibile. Ognuno vuole essere tutelato da chi gli offre un servizio: se questo servizio presenta dei rischi, sia in fatto di privacy sia di tutela dei propri soldi, o quel servizio si chiude o si adegua alle esigenze richieste. Abbiamo detto e il buonsenso non può che confermarlo che indietro non si torna: siamo nelle mani di internet, a lui ci siamo affidati. Davvero possiamo dormire sonni tranquilli, convinti che le falle del sistema saranno riparate? Neanche per sogno. E a dirlo non sono io, per ripicca verso chi mi considera uno scettico antinformatico, ma chi è del mestiere. Viviamo nell'insicurezza: i nostri messaggi possono essere controllati; il bancomat può essere clonato; i negozi online degli imbrogli. Certo, tutto ciò è inquietante, ma anche molto affascinante. Il mondo si globalizza, si abbattono le frontiere della comunicazione, viviamo tutti nello stesso condominio, la rapidità diventa una divinità verso la quale s'inchina qualche miliardo di persone. Tuttavia, di fronte a tali conquiste, mi si permetterà di sostenere che la difesa della nostra identità, della nostra storia, della nostra tradizione, messe in soffitta dal villaggio globale, non è cosa tanto disdicevole.

Poi, per quanto mi riguarda, c'è anche una piacevole riflessione sulla tecnologia. La sua presunta infallibilità. Sembra ormai che essa usi l'uomo, lo manipoli, gli faccia fare quello che vuole. Poi, però, ci sono incidenti di percorso che fanno capire ciò che davvero deve essere per noi la tecnologia: uno strumento che non ci usa, ma che usiamo.

Ecco, quindi, il patto generazionale che propongo al mio figlioletto: io mi rendo disponibile a ogni innovazione tecnologica, lui mi lascia tutto il mio scetticismo in proposito, senza deridermi; io mi adeguo alla contemporaneità, ma lui abbassa la sua fede verso le conquiste della tecnologia informatica.

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