Cronache

Roma, De Vito fatto fuori da Comunarie M5S con falsi dossier: giallo su indagati

È giallo sugli indagati nell'inchiesta apert dalla Procura di Roma sul falso dossier usato per far fuori Marcello De Vito dalla corsa alle Comunarie M5S per il Campidoglio

Roma, De Vito fatto fuori da Comunarie M5S con falsi dossier: giallo su indagati

Il fascicolo aperto dalla Procura di Roma per indagare sul presunto dossieraggio ai danni dell'attuale presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito ora ha un'ipotesi di reato, la calunnia, e almeno due indagati.

All'inizio del 2016, infatti, De Vito, che partiva favorito nella consultazione fra gli iscritti, era stato fatto fuori dalla corsa per le Comunarie indette dal M5S per individuare il candidato sindaco della capitale sulla base di un'accusa rivelatasi del tutto falsa. A puntare il dito contro di lui furono Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno, i primi due all'epoca in gara contro il candidato cinquestelle.

I tre lo accusarono di aver trafficato su una licenza edilizia, sollevando il sospetto che avesse commesso un abuso d'ufficio nel corso del suo mandato in Campidoglio. E, nel corso di un "processo" interno al Movimento, avrebbero presentato prove fasulle a suo carico per escluderlo dalla corsa al Campidoglio. Proprio su questo "processo" la procura aveva aperto un inchiesta dopo l'esposto presentato l'estate scorsa dal senatore di centrodestra Andrea Augello.

La vicenda

Il 19 marzo 2015, Marcello De Vito aveva compiuto un accesso agli atti, ricostruisce La Repubblica, su richiesta di Paolo Morricone avvocato del M5S in Regione, per verificare se un presunto condono in un seminterrato della zona Aurelia fosse stato autorizzato dietro il rilascio di una mazzetta. Si tratta di un potere concesso a tutti i consiglieri comunali per avere dagli uffici capitolini "tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato".

Per questo motivo viene accusato di essere "inaffidabile come candidato sindaco", sia nelle chat nei consiglieri comunali e municipali che in una riunione organizzata il 28 dicembre 2015 da Raggi, Frongia e Stefàno con gli eletti municipali, all'insaputa di De Vito.

Poi, il 7 gennaio 2016, l'ancora ignaro "imputato" viene convocato alla Camera, insieme ai suoi tre accusatori. Lì, alla presenza dei deputati Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberta Lombardi, Paola Taverna ed Enrico Baroni, con i capi della Comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi a far da supervisori, i tre grillini hanno accusato il collega e sfidante di abuso d'ufficio, esibendo il parere di un autorevole legale.

Uscito da Montecitorio, De Vito è tornato a casa e ha recuperato tutti i documenti che provavano la sua estraneità e in serata li ha inviati via mail, spiegando che "l'accesso agli atti è stato correttamente richiesto per le motivazioni di cui alla mail di Paolo Morricone, nostro avvocato regionale, che riporto di seguito" e chiedendo di "valutare ciò che si è verificato oggi nei miei confronti, alla luce delle accuse che mi sono state mosse".

Ma ormai la frittata era fatta: grazie all'operazione di discredito alla vigilia del voto e alla defezione strategica di Frongia, l'avvocata grillina riesce a vincere le Comunarie M5S e a diventare la prima sindaca donna della Capitale.

L'inchiesta

Il "processo" interno celebrato contro De Vito il 7 gennaio, proprio perché allestito alla Camera e non in una sede di partito, con i parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni e dunque in qualità di pubblici ufficiali, come più volte stabilito dalla Cassazione penale, invera l'ipotesi di calunnia ai danni del candidato Cinquestelle. Il reato, infatti, ricorre quando viene incolpato di un reato una persona di cui si conosce l'innocenza o quando si simuli a carico di quest'ultima le tracce di un reato.

La smentita

"Non ci sono indagati per calunnia nell'inchiesta sul presunto dossieraggio ai danni dell'attuale presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito, fatto fuori sulla base di false accuse all'inizio del 2016 dalla corsa per le Comunarie indette dal Movimento Cinque Stelle per la scelta del candidato sindaco" precisa la Procura di Roma.

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