Cronache

La Romanina come Scampia: ecco il feudo del clan Casamonica

Il feudo del clan dei Casamonica viene descritto come una zona ad alto degrado sociale simile a quello presente nel quartiere napoletano

La Romanina come Scampia: ecco il feudo del clan Casamonica

È il regno del clan dei Casamonica. È la Romanina, una borgata popolare nata nell’agro romano che si è sviluppata vicino al Gran raccordo anulare grazie a una forte opera di abusivismo edilizio. Ospita l’Università di Tor Vergata ma è nota soprattutto per il suo degrado sociale che viene paragonato a quello del quartiere napoletano di Scampia, come si evince anche dal rapporto "Mafie nel Lazio" stilato lo scorso febbraio dall'Osservatorio Tecnico Scientifico per la sicurezza e la legalità, in collaborazione con Libera.

Secondo questa indagine i Casamonica hanno fatto della Romanina "una enclave" fortificata creando "una sorta di mercato permanente per i tossicodipendenti di tutta l'area sud di Roma e per quella dei Castelli Romani". La presenza di famiglie rom risale agli anni ’70-’90 quando numerose famiglie rom vi sono state trasferite in blocco e da “nomadi” sono divenute “stanziali” andando così a sostituirsi alle famiglie di operai e impiegati che avevano dato il nome alla borgata. “I Casamonica - spiega il giudice Guglielmo Muntoni citato nel rapporto - vengono deportati a Roma durante il fascismo, e si tratta di un gruppo enorme composto da diverse famiglie: i Casamonica, i di Silvio, i di Gugliemo, di Rocco e Spada, Spinelli”. Sono “tutte strettamente connesse sulla base di rapporti fra capostipiti che si sono sposati con appartenenti alle varie famiglie. Si tratta almeno di un migliaio di persone operanti illegalmente a Roma". Il clan Casamonica viene descritto come un'associazione che per anni ha detenuto il monopolio della droga in un’ampia zona della Capitale e che “è in grado di realizzare un controllo capillare del territorio grazie ad una rete sofisticata di pusher e vedette, per lo più donne”.

Il gup del Tribunale di Roma Simonetta D'Alessandro nei verbali di una sentenza del gennaio 2013 scrive: “L'azione del clan Casamonica - Di Silvio - De Rosa - si è snodata nella zona della Romanina tra i quartieri Appio - Tuscolano, Cinecittà e Anagnina, dal 2009 in avanti. Si tratta di uno dei gruppi malavitosi più potenti e radicati del Lazio, i cui affiliati dichiarano in forma costante, quasi indefettibile, un reddito inferiore alla soglia di povertà, ma vivono in ambienti protetti da recinzioni, videocamere, vigilanza armata". "Il richiamo a realtà criminali pervasive e pulviscolari, - prosegue la sentenza - capaci di penetrare la vita di interi gruppi familiari evoca, con Scampia, spaventose condizioni di povertà, degrado, disoccupazione, terreno fertile per la penetrazione della criminalità alimentata dal traffico di droga soprattutto al dettaglio. Dagli atti emerge un territorio militarizzato in cui l'attività di spaccio è praticata di giorno e di notte, senza sosta, a condizioni di vendita uniformi, con la consegna di bustine dal prezzo uniforme, dalla confezione elettrosaldata uniforme, dalla qualità uniforme, dalla quantità uniforme, sicché nulla può far pensare ad attività individuali, ma tutto riconduce ad un sistema organizzato e coeso" . La sentenza della Corte d'Appello di Roma del 6 maggio 2014 si sofferma sul tema del controllo del territorio da parte dei Casamonica e sui loro metodi d’intimidazione.

“Quando i poliziotti - si legge nei verbali - chiedevano agli acquirenti informazioni in ordine ai soggetti da cui avevano acquistato la droga, notavano che quasi sempre gli acquirenti avevano paura e si rifiutavano di rendere dichiarazioni in ordine ai nominativi degli spacciatori".

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