Cronache

Sangue e test del Dna Trieste chiama Csi per i cani che sporcano

Una banca dati del codice genetico per identificare gli animali e risalire ai padroni Piovono polemiche. E risate

Sangue e test del Dna Trieste chiama Csi per i cani che sporcano

Roma Prelievo del sangue, comparazione con il dna, con tanto di analisi in laboratorio che permettano di risalire all'identikit del sospettato. Roba da polizia scientifica. Se non fosse che nel caso in questione, i «ricercati» sono i padroni che non raccolgono le deiezioni dei propri animali su strade, marciapiedi e parchi pubblici. A Trieste la battaglia della giunta guidata dal sindaco di centrosinistra Roberto Cosolini contro il degrado di una città che si ritrova sommersa dagli escrementi canini, sconfina in una - per ora solo annunciata ma già travolta dalle polemiche - maxi operazione di analisi delle feci abbandonate e non raccolte. Che, con il coinvolgimento della Asl e della sezione veterinaria, diventerebbero la pista principale per smascherare i trasgressori.Nel progetto ancora embrionale a cui pensa l'amministrazione c'è infatti la creazione di una sorta di banca del dna canino che attraverso la comparazione con il codice genetico estratto degli escrementi, consenta di individuare il proprietario da multare. A chi solleva il problema dei costi di tale dispiegamento di forze in una città che conta, stando a quelli registrati, 21mila cani, basti sapere che la crociata contro «l'inciviltà» verrebbe finanziata, nelle intenzioni dell'amministrazione, dai proventi di sanzioni abbastanza salate da riuscire a coprire i costi del nuovo sistema. L'ingrato compito della raccolta dei «campioni» da inviare all'apposito laboratorio spetterebbe, nelle linee di indirizzo del progetto, agli agenti della polizia municipale o a quelli della guardia ambientale del Comune che sfortunatamente si dovessero imbattere negli escrementi lasciati sulle pubbliche vie.Armati di kit dovrebbero procedere con il prelievo da inviare in analisi per il controllo incrociato con il quello ematico, così da arrivare al nome del proprietario inadempiente.Il primo ostacolo, se e quando l'iniziativa andrà in porto, sarà infatti dover chiamare tutti i padroni a registrare il codice genetico del proprio amico a quattro zampe. E se l'amministrazione tiene a precisare che si tratta ancora di «un'ipotesi da valutare insieme all'azienda sanitaria», le reazioni parlano già di «un'operazione irrealizzabile», da «centinaia di migliaia di euro di costi solo per istituire le unità di laboratorio, creare e aggiornare tutti i registri ed effettuare gli esami» che ricadrebbero su comune e padroni, «senza distinzione tra virtuosi e non».Per non parlare, protestano sul Piccolo i consiglieri comunali delle liste di opposizione, delle «difficoltà di individuare la deiezione incriminata, visto che in uno stesso punto è noto che vi siano spesso feci di più cani, che magari alcuni padroni puliscono e altri no».Più semplice far funzionare i controlli che già ci sono, suggerisce la levata di scudi, ma che finora non hanno impedito al problema degli escrementi di diventare una macchia alla bellezza di Trieste.

«Spero si tratti di una visione da indigestione prefestiva» si augura qualche esponente comunale, dimenticando che il presunto «delirio» è già una realtà sperimentale in alcuni quartieri di Napoli, dove per porre un freno alla sporcizia, un'ordinanza sindacale ha imposto ai detentori di sottoporre i quattro zampe proprio all'esame del dna e al prelievo, oltre che di iscriverli all'anagrafe regionale obbligatoria e di munirsi, ovviamente, di «dispositivo per la rimozione delle feci».

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