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Se adesso l'Appendino vuole sequestrarci pure le automobili

Se adesso l'Appendino vuole sequestrarci pure le automobili

N el teatrino della politica blaterante irrompe una strana figura da mettere al bando: l'automobilista. Basta, caro il mio guidatore, non sei più al passo dei tempi, inquini, guasti l'armonia delle città. Occhio amico, l'aria per te si fa pesante, non solo per il Pm10 che ci fa starnutire nelle metropoli.

Ogni amministratore pubblico ha un sogno nel cassetto, come la sindaca grillina Chiara Appendino che in un'intervista più strampalata che fantascientifica ha disegnato su Repubblica una Torino senza automobili. Un paradiso incontaminato di vermouth e gianduiotti, di dehors e sagre della Coldiretti, senza neppure una sagoma di oggetti a quattro ruote che fanno scricchiolare le gomme sui cubetti e pavè.

Che brava Chiara, ecologista coraggiosa nella capitale italiana dell'automobile, una luddista ben pettinata pronta a stroncare il sinistro meccanismo di una catena di montaggio che sforna quei mostri che deturpano il suo modello ideale di pace urbana. La Appendino vagheggia un mondo di monopattini e biciclette, quindi un bel chissenefrega nei confronti di chi utilizza la vettura per lavoro e non solo per il gusto di sfregiare la sua etica del trasporto futuribile. Per la sindaca grillina, l'orizzonte è quello di un'umanità che tra dieci anni metterà la propria vettura in condivisione con il primo che passa o almeno con quel vicino di casa che sembra così perbene. Addirittura minaccia l'installazione di telecamere che staneranno subito un'auto che inquina appena varcata la cerchia urbana. E magari ogni multa finirà alla Var per stabilire l'effettiva consistenza della fumata tossica.

Il legittimo disegno di migliorare una metropoli finisce per svuotarsi nella deriva ideologica, vecchio vizio di una certa sinistra grillizzata. Se il «bottegaio» è sempre un evasore fiscale, adesso l'automobilista diventa un piccolo capitalista egoista che non divide il proprio mezzo con gli altri e che rinuncia, per rozzezza intellettuale, alle gioie di un tram sferragliante o di una bici con doppio cestino.

Dichiarare guerra alle auto a Torino potrà fare presa al massimo su quell'elettorato oltranzista che odia le imprese (Fca in primis) e che riduce il possessore di una macchina a uno stupratore dell'ambiente da rieducare con mezzi alternativi (bus e biciclette pieghevoli). Farà esultare qualche «gretino» che si è autoincaricato di salvare il mondo spegnendo i veicoli altrui, ma alla fine le crociate fondamentaliste non portano mai a nulla di buono. Spaventano i moderati quei politici che cavalcano ricette illiberali, soprattutto se mascherate con il garbo e lo stile suadente di madamin Chiara Appendino. Per questi la virtù viaggia sempre su due ruote e il vizio su quattro. E il buon senso, con loro, non trova mai parcheggio.

Gabriele Barberis

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