Cronache

Se il guru dell'anticorruzione dice che la corruzione è in calo

L'ammissione di Cantone

Se il guru dell'anticorruzione dice che la corruzione è in calo

Poche parole senza fanfara. Ma sorprendenti. Non è vero che le tangenti siano sempre più diffuse nel nostro Paese. I cittadini la pensano così, ma l'apocalisse del malaffare è una costruzione astratta che non trova riscontro nella realtà. Sì, contrordine: la sorpresa nell'uovo di Pasqua è che la corruzione batte in ritirata e non s'infiltra più con la forza dirompente degli anni Novanta nei palazzi della politica. Una scoperta che sconfessa tutta la letteratura del politicamente corretto, migliaia e migliaia di pagine di dotte e sofisticate analisi e pure gli alert continui del partito dei giudici. Ma la certificazione che l'Italia è meno peggio di come la raccontano i tanti, forse troppi grilli parlanti, arriva proprio dai piani alti della magistratura e in particolare da Raffaele Cantone che è lo zar della lotta alle bustarelle. Il parere di Cantone, e con lui di Francesco Caringella, altra autorevolissima toga, è che le mazzette penetrano meno all'interno del sacro perimetro del potere e della vita pubblica. Forse, dopo un'interminabile serie di epidemie, ci siamo immunizzati; o forse i rappresentanti del popolo italiano, dai parlamentari in giù, sono meno attrattivi, hanno perso potere e carisma, viaggiano al traino di altri soggetti più o meno opachi. Il dibattito è aperto, ma la svolta deve essere registrata.

Stiamo meglio di quando stavamo peggio: a sostenerlo non è qualche leader in cerca di visibilità del centrodestra, ma appunto due pesi massimi la cui reputazione nessuno può mettere in discussione: Raffaele Cantone, il guru della lotta alla Tangentopoli contemporanea, e Francesco Caringella, consigliere di Stato e giudice penale a Milano proprio negli anni eroici di Mani pulite. I due hanno scritto a quattro mani un saggio agile, eloquente fin dal titolo La corruzione spiegata ai ragazzi, appena uscito da Mondadori; un testo che mostra meglio di mille convegni e analisi come anche fra le toghe, dopo anni e anni di contrapposizioni al potere politico, stiano maturando posizioni meno barricadere e ideologiche. Certo, il tandem di giudici scrittori mantiene una linea ortodossa su molti punti infiammati dell'interminabile dibattito su Tangentopoli, in particolare quando critica il cantiere legislativo dell'epoca berlusconiana e gli interventi sul falso in bilancio e la prescrizione che avrebbero favorito la pianta del malaffare. Ma si tratta di considerazioni svolte con toni quasi neutri, senza animosità e rancori, in un inevitabile gioco delle parti fra le diverse istituzioni.

È proprio il timbro generale del libro a colpire il lettore: l'asciuttezza della narrazione, che non significa banalità ma equilibrio nel giudizio, la lontananza dai toni millenaristici e dalle geremiadi cui ci hanno abituato nell'ultimo quarto di secolo molte voci del cosiddetto partito dei giudici. Caringella e Cantone difendono un approccio laico, pragmatico, pungente ma soft. E cosi arrivano a ribaltare la vulgata sulla Tangentopoli che divora il Paese come un cancro. «I cittadini italiani - nota la coppia - e molti commentatori ritengono che la corruzione nella politica sia aumentata e la situazione complessiva in questo settore sia persino peggiorata rispetto al passato». Insomma, a voler essere pignoli, si parla di Tangentopoli con la T maiuscola e non in senso lato, ma è proprio questo quel che pensa l'opinione pubblica: è il Palazzo il cuore delle trame occulte. Questa è la percezione». Questa posizione - è la replica degli autori - a noi non appare convincente. La corruzione scoperta da Tangentopoli aveva raggiunto livelli parossistici, che non si sono mai ritrovati nelle pur importanti indagini attuali condotte da tanti uffici giudiziari del Paese, e aveva inquinato profondamente il sistema politico e istituzionale». Oggi non è più così. Con buona pace di Transparency International che nelle sue classifiche ci colloca sempre alla latitudine della vergogna: quella dei Paesi delle banane. «0ggi - spiegano Cantone e Caringella - assistiamo a una forma di corruzione certamente diffusa, ma qualitativamente e quantitativamente non paragonabile alle vicende degli anni Novanta». I profeti del peggio sono avvisati. Questo non significa, va da sé, sottovalutare un'emergenza che resta tale e rappresenta una palla al piede per l'economia italiana, ma la riflessione non può essere archiviata con un'alzata di spalle. La verità è che vent'anni fa esisteva un meccanismo codificato di regalie e bustarelle che attraversava l'arco costituzionale, oggi «il sistema politico è oggettivamente più debole», e può essere terreno di caccia per «le scorribande di gruppi di potere esterno». C'è un altro dato rivelatore, fornito dagli autori, che fotografa la situazione: ai tempi di Mani pulite il 42% dei politici incassava i soldi non per sé ma per il partito, oggi lo fa solo il 7%. Conclusione: «Prima la corruzione serviva alla politica, ora la politica serve alla corruzione». I partiti, prima onnipotenti, boccheggiano, le mazzette girano, anche se meno vorticosamente.

Certe cupe analisi, invece, alimentano l'indignazione popolare e gonfiano il fiume delle fake news.

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