Cronache

Se oscurano il "maialone" e non il suo genio

Che ipocrisia sul "caso Brizzi". Vorrei vorrei conoscerlo il signor Warner Italia. Sono curioso di vedere che faccia ha uno così ipocrita da fare soldi con la ciccia del (presunto) maiale senza dire al consumatore che sta per mangiare la carne di un porco

Se oscurano il "maialone" e non il suo genio

Non conosco Fausto Brizzi, il regista di sinistra finito nel tritacarne (per ora) mediatico dopo l'accusa di una decina di attricette che sostengono di essere state da lui molestate e invitate a scambiare il loro corpo con qualche particina. Si dice che facesse i provini direttamente in camera da letto, se è vero è quantomeno sintomo di un uomo che aveva tempo da perdere. Lo star system lo ha già condannato: fuori, impresentabile. Al punto che il suo ultimo film - Poveri ma ricchissimi con Christian De Sica, in uscita per Natale - andrà nelle sale censurato del suo nome (che non comparirà neppure nelle pubblicità della pellicola). Lo ha deciso il produttore, la Warner Italia, filiale domestica del colosso internazionale del cinema.

Io vorrei conoscerlo il signor Warner Italia. Sono curioso di vedere che faccia ha uno così ipocrita da fare soldi con la ciccia del (presunto) maiale senza dire al consumatore che sta per mangiare la carne di un porco; che faccia ha chi dà un prezzo (il business di un film già girato e montato) alla presunta sofferenza o violenza su una decina di ragazze. Ed evidentemente per questi moralisti le (presunte) molestie non valgono l'incasso della pellicola, che a quanto pare - e io dico per fortuna - andrà regolarmente in sala. Vorrei chiedere al signor Warner Italia come fa a divulgare e vendere il genio, il talento e la professionalità di uno che considera un maiale e pensare di salvarsi la coscienza sbianchettando il suo nome. Scommetto: il signor Warner Italia è uno della sinistra chic, e - se non lo è - è un paraculo succube di quel sistema.

Io non penso che a Natale andrò a vedere Poveri ma ricchissimi, ma pretendo da consumatore (e da uomo libero e consapevole) che mi si dica a caratteri cubitali chi l'ha pensato e girato come previsto dalla legge per qualsiasi prodotto proposto in uno scaffale.

Tra il maiale e chi usa il maiale vergognandosi non ho dubbi: sto dalla parte del maiale, che almeno paga le sue maialate. E la morale di questa storia sull'immoralità del cinema e dello spettacolo è che c'è poca differenza tra vittime, carnefici e presunti giudici della morale. È una gigantesca presa per i fondelli, dove maiali e mascalzoni si scambiano solo la parte. Ma come noto, invertendo gli addendi, il risultato non cambia.

Come non cambieranno mai le immorali, e a volte geniali, regole del vostro mondo.

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