Cronache

Sfuggito alla furia islamica, ucciso da una bestia italiana

L’Italia piange i suoi connazionali massacrati, torturati e uccisi da un terrore infame che si nasconde dietro slogan religiosi. Ma dobbiamo piangere anche quest’uomo che aveva alle spalle un’esistenza fatta soltanto di dolori e di speranze e cercava di ricostruirsi una vita

Da Informazione.tv
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Era sopravvissuto alla ferocia di Boko Haram, alle violenze dei predoni libici, alla brutalità degli scafisti. In Italia ha chiesto asilo e ottenuto accoglienza. Ma ha anche trovato la morte, ucciso dalla rabbia, dal razzismo, dall’intolleranza di un tizio contro il quale si era scagliato perché aveva chiamato sua moglie «scimmia africana». Ogni Paese ha le sue bestie, nel Bangladesh addestrate da un islam fanatico e disumano, da noi accecate dalla stupidità. Emmanuel Chidi Namdi aveva 36 anni. Era cattolico. Un Renzo in attesa di sposare la sua Lucia, Chimiary, e nella sua Nigeria terrorizzata dalle feroci milizie islamiche non poteva farlo. Erano fuggito dopo che Boko Haram aveva incendiato le chiese del posto: nel rogo avevano perso i genitori e la figlia. Nella traversata del deserto del Niger e della Libia i promessi sposi erano stati pestati dai briganti: sul barcone che doveva scaricarli in Sicilia lei ha subito un aborto. Da Palermo sono finiti otto mesi fa a Fermo, nelle Marche, ospitati nel seminario arcivescovile.

Don Vinicio Albanesi, fondatore della Comunità di Capodarco, li aveva sposati religiosamente in attesa che la domanda di asilo facesse il suo corso e potessero celebrare anche un matrimonio civile. Una vita che ricomincia. Gente che fugge dagli orrori della guerra, da una persecuzione religiosa, dalla morte di una figlia, dal rogo delle cose più care, dalla crudeltà dei nuovi schiavisti perché pensa di trovare un Paese civile che conosce il valore della vita e il rispetto delle persone. Sbagliato. Emmanuel Chidi Namdi ha reagito agli insulti contro la moglie, strattonata e malmenata. È scoppiata una rissa e anche a terra il nigeriano è stato colpito. Ha resistito un giorno in rianimazione.

L’Italia piange i suoi connazionali massacrati, torturati e uccisi da un terrore infame che si nasconde dietro slogan religiosi. Ma dobbiamo piangere anche quest’uomo che aveva alle spalle un’esistenza fatta soltanto di dolori e di speranze e cercava di ricostruirsi una vita. Una nazione civile gli doveva dare questa seconda possibilità. È anche qui il fallimento dell’Occidente. «Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita»: è la famosa frase attribuita a Bin Laden. Quel «voi» siamo noi. E dobbiamo affermare un ideale grande per il quale valga la pena vivere, più potente dell’ideologia per cui i kamikaze islamici si fanno ammazzare.

E della stupidità con cui in casa nostra si può uccidere di botte un immigrato.

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