Cronache

Sgomberato il ghetto di Rignano. Ma i migranti: "Restiamo qui"

Nonostante il campo sia stato raso al suolo dalle possenti e spietate braccia delle ruspe, un centinaio di immigrati si rifiutano di abbandonarlo

Sgomberato il ghetto di Rignano. Ma i migranti: "Restiamo qui"

Dopo l'ennesimo incendio e la morte di due maliani trentenni, il Gran Ghetto di Rignano è stato sgomberato. Nonostante il campo sia stato raso al suolo dalle possenti e spietate braccia delle ruspe, un centinaio di immigrati si rifiutano di abbandonarlo. "Noi da qui non ce ne andiamo!", ci dice una donna africana mentre, seduta su un masso, fissa le ruspe in azione. "Io qui avevo un ristorante. Cucinavo ogni giorno per tutti gli uomini che tornavano dalle campagne. Ora non so più cosa fare. Qui c'è il lavoro. A San Severo no. Si mangia e si dorme. E basta. Io resto qui! Non me ne vado."

Circa 200 immigrati sono stati sistemati in due strutture non distanti dalle campagne della Capitanata. Ma le condizioni in cui vivono non sono delle migliori. "Qui non c'è l'acqua calda e da giorni non faccio la doccia. Si mangia male. Non è bello vivere così. Stavo meglio al ghetto", ci dice un maliano fuori dai cancelli del centro "Arena" di San Severo. I responsabili, da noi interpellati, preferiscono non parlare e ci impediscono di entrare.



Gli immigrati ospitati nelle strutture messe a disposizione dalla regione Puglia sono solo una piccola parte. I numeri forniti dalle istituzioni non corrisponderebbero alla realtà, almeno stando a quanto ci dice uno dei tanti africani rimasti al ghetto. "Qui siamo più di mille persone. Dove andiamo? Non entriamo tutti a San Severo, li' è piccolo. Qui no." Molti di loro preferiscono vivere nelle vicine masserie dove è impossibile accedere. Lí comandano loro. I caporali neri. Sono proprio loro ad organizzare le squadre di lavoro e ad incassare i pochi soldi guadagnati dai braccianti dopo una giornata spesa nei campi a raccogliere pomodori. "La colpa la danno a noi agricoltori, ma qui i neri sfruttano i neri. I caporali (africani ndr) ci impongono le squadre. Sono loro a decidere chi lavora o no. Se mi servono solo due braccia devo chiedere per forza a loro. Non posso sceglierli io", ci dice un agricoltore impegnato a raccogliere spinaci in un campo non distante dal Gran Ghetto.

Ma l'emergenza è tutt'altro che risolta. "È tutto fumo negli occhi! Non si risolve così il problema. È solo propaganda. Una mossa di Emiliano per accaparrare voti", dichiara un cittadino di Foggia. Difatti basta spostarsi di pochi chilometri per trovare un'altra baraccopoli. Di poco più piccola rispetto a quella appena abbattuta. Sorta accanto al CARA (fuori controllo) di Borgo Mezzanone. Qui gli immigrati entrano ed escono dal centro a qualsiasi ora del giorno e della notte grazie ad uno squarcio nella recinzione, nonostante la struttura sia costantemente presidiata dall'esercito italiano. E' qui che cercano sistemazione gli immigrati che si sono rifiutati di spostarsi nei centri di accoglienza. A Borgo Mezzanone la situazione è identica: baracche fatte di pannelli di compensato, cartone e plastica. Piccoli bazar, droga e tanta prostitute. Dunque tutto presto ritornerà come prima. Gli irregolari sparsi nelle terre pugliesi sono tanti, troppi e la convivenza con gli italiani è sempre più difficile, soprattutto a causa della microcriminalità. Che dilaga.

Come nel Foggiano.

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