Cronache

La sinistra ha ucciso pure lo Stato sociale

La sinistra ha ucciso pure lo Stato sociale

Il grande economista austriaco Joseph Schumpeter scriveva che il capitalismo è sempre in grado di rinnovarsi attraverso una serie di distruzioni creatrici, da cui poi il sistema trarrebbe forza per autorigenerarsi, finendo così per assumere fattezze molto diverse da quello che possedeva in precedenza. Non v'è alcun dubbio che la crisi del 2007 abbia rappresentato un caso di distruzione creatrice, e che oggi ci troviamo di fronte a uno scenario molto diverso rispetto a quello dell'inizio del XXI secolo. Per capire questi cambiamenti è sempre molto utile leggere anche gli economisti che genericamente potremmo definire di sinistra, purché intelligenti, senza sposare le loro tesi propositive, che raramente escono dal tax and spending.

È un caso del genere l'economista serbo Branko Milanovic, noto anche ai non esperti, per un volume tradotto in italiano nel 2017 e intitolato Ineguaglianza globale (Luiss University Press), in cui tracciava le caratteristiche delle diseguaglianze, prodotte dal nuovo sistema. In questo nuovo libro (Capitalism alone: the Future of the System that rules the World, Belknap press) lo studioso ci dipinge un sistema capitalistico ormai esteso su scala mondiale, tanto che potremmo comprendere gli scenari internazionali leggendoli come scontri tra capitalismi nazionali, da quello cinese a quello americano a quello europeo - con tutto che quest'ultimo non è unitario affatto ed è frutto di dura competizione tra economie nazionali interne all'Ue.

Insomma anche per Milanovic sembra che la globalizzazione sia finita o sia entrata in una fase di competizione globale tra nazionalismi. La seconda ragione per leggere Milanovic sta nel profilo delle società occidentali che disegna: società sempre più inegualitarie, in cui un top 10% sempre più ricco tende a rinchiudersi e a rigettare lontano dal suo cerchio le classi medie, che invece aspirerebbero a entrarvi. Un top 10% che poggia non tanto su profitti di capitale produttivo ma su quelli del capitale finanziario e sulle strategie matrimoniali delle famiglie: i membri della classe agiata ormai costruiscono la famiglia solo con esponenti della loro stessa classe, in parole semplici ci si sposa solo tra ricchi, molto di più di quanto non accadesse in passato. Questa nuova classe è poi tendenzialmente progressista in politica anche se condivide una visione del mondo decisamente inegualitaria, il che spiega in parte perché le classi popolari scelgano più spesso di preferire le formazioni politiche di destra, soprattutto quella nuova (i cosiddetti sovranisti) a cui si sentono più vicini in quanto a ethos. Milanovic non ha paura a rompere gli idoli del progressismo: da leggere ad esempio le pagine sull'immigrazione. Per lo studioso, l'inclusione all'interno del sistema sociale occidentale di immigrati con norme sociali, comportamenti o abitudini riproduttive molto diverse da quelle dei nativi metterebbe in pericolo il welfare state, anzi avrebbe già contribuito a eroderlo. Ne consegue, secondo Malinovic, che proprio la sinistra dovrebbe, se vuole mantenere il welfare, battersi contro la immigrazione selvaggia o incontrollata. Pagine che andrebbero fatte leggere a tutti gli spalanca-porti della sinistra europea e italiana in particolare. I quali però non capirebbero, anche perché sono proprio loro i referenti politici della nuova classe del 10%, benché il loro immaginario sia rimasto quello del rosso antico. Niente di nuovo, Marx la chiamava falsa coscienza.

Marco Gervasoni

Commenti