Cronache

La sorella di Yara in aula: "Se avesse avuto qualche approccio me lo avrebbe detto"

Keba Gambirasio: "Fosse stata preoccupata lo avrei saputo". Un testimone: "Una persona mi guardava quando l'ho trovata"

La sorella di Yara in aula: "Se avesse avuto qualche approccio me lo avrebbe detto"

"Se fosse successo qualcosa di preoccupante lo avrei saputo". E ancora: "Se avesse avuto qualche approccio, Yara me lo avrebbe detto". Nel processo a Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio, Keba Gambirasio ha ripercorso il rapporto con la tredicenne uccisa. La ragazzina ha spiegato che si sarebbe accorta se ci fosse stato qualcosa di strano nei giorni precedenti alla sparizione di Yara.

Il racconto di Keba Gambirasio ha aperto la seduta di oggi del processo a Bossetti, accusato dell’omicidio della ragazzina di Brembate Sopra. La ventenne è arrivata in tribunale accompagnata dalla mamma Maura Panarese e dal papà Fulvio. In aula, come anche la scorsa settimana, anche la gemella di Bossetti. Quando l’imputato è entrato in aula non ha più mostrato l’indifferenza delle scorse sedute, ma ha salutato il pubblico e la sorella. Molto emozionata, Keba, parte civile al processo, ha ripercorso le fasi della sera della sparizione della sorella. "Non aveva un diario personale, solo quello di scuola che io leggevo per controllare che facesse i compiti - ha detto Keba - usava il pc di casa per scrivere a dei ragazzi tedeschi gemellati con la scuola". Il 26 novembre 2010, ha raccontato, "sono uscita alle 15.45 per andare a pallavolo. Quando sono tornata mia madre mi ha detto che Yara era andata a portare uno stereo in palestra ed era preoccupata perché non era ancora tornata. Quella sera mia mamma uscì a piedi per cercare Yara, io rimasi a casa con il mio fratellino e aspettavano mio papà".

"Io stavo entrando, lei stava uscendo ci siamo incrociati. Mi ha sorriso e io le ho detto: 'Ciao Yara'...". Nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010 Fabrizio Francese era andato a prendere la figlia della sua compagna al centro sportivo di Brembate Sopra, al termine dell’allenamento di ginnastica ritmica. Proprio mentre entrava in palestra, si imbattè in Yara, che stava uscendo. Erano circa le 18,40, l’ora in cui si persero le tracce della tredicenne, e Fabrizio Francese lo seppe indicare agli inquirenti con una certa precisione perché, prima di scendere dall’auto, aveva letto l’ora sull’orologio del cruscotto. "L’ha vista uscire dalla palestra?", gli è stato chiesto. "Per vederla uscire - mha risposto - avrei dovuto guardare indietro ma ho sentito la porta che si chiudeva". Francese ha anche detto di non avere visto furgoni nei pressi della palestra e, a proposito di Bossetti, ha spiegato che "non era un viso da me conosciuto".

Poi è stata la volta di Ilario Scotti, l'uomo che il 26 febbraio 2011 trovò il corpo di Yara in un campo di Chignolo d'Isola. L'uomo a raccontato ai giudici quello che già aveva detto agli inquirenti nei primi istanti dopo il ritrovamento, e cioè che mentre aspettava l'arrivo dell'ordine aveva notato un uomo che lo fissava ai bordi del campo. Lo sconosciuto lo avrebbe guardato per un quarto d'ora senza avvicinarsi, per poi andarsene all'udire delle sirene. "Era poco più alto dell’utilitaria da cui è sceso", ha ricordato Scotti, "Aveva una età di 50/55 anni. È salito su un panettone di cemento a bordo del campo e mi ha guardato per 10-15 minuti. Ho colto qualcosa di strano: guardarmi va bene ma per 15 minuti...". Scotti, impiegato con l’hobby dell’aeromodellismo, ha inoltre spiegato che dopo aver recuperato il suo velivolo, vide quello che "sembrava un mucchio di stracci". "Mi avvicinai e mi accorsi che era un cadavere", ha detto, "Rimasi in quel posto per il timore di non riuscire a vederlo più. Chiamai il 113: mi dissero ha le scarpe?. Nere, risposi. Pantaloni? Neri. Non si muova da lì, mi risposero".

L'uomo ha detto di essere stato almeno una decina di volte nel campo dalla scomparsa di Yara, ma non si era mai accorto del cadavere.

Commenti