Cronache

Sparò per salvare un collega: il carabiniere ora rischia 6 anni

Marco Pegoraro aveva colpito a morte Marco Guerra dopo aver sparato in aria tre colpi. Per il pm il carabiniere è colpevole di eccesso di legittima difesa

Sparò per salvare un collega: il carabiniere ora rischia 6 anni

Tutto inizia il 29 luglio del 2015. Marco Pegoraro, maresciallo ed ex comandante della stazione di Carmignano di Sant’Urbano, a Padova, era andato a casa di Mauro Guerra per convincerlo a sottoporsi ad un trattamento sanitario psichiatrico all'ospedale di Schiavona. Il giovane, 30 anni e un fisico da culturista, si era rifiutato. Era scappato. Aveva reagito all'arresto, picchiando a sangue il collega del carabiniere. Che per salvargli la vita aveva sparato un colpo al fanco di Guerra. Uccidendolo.

Oggi il carabiniere è stato rinviato a giudizio (comincerà il 28 gennaio al tribunale di Rovigo) e rischia fino a 6 anni di carcere. Secondo il procuratore capo rodigino Carmelo Ruberto e il sostituto Fabrizio Suriano quello di Pegoraro fu omicidio per eccesso colposo di legittima difesa.

La reazione del carabiniere

Facciamo un passo indietro e torniamo al luglio di due anni fa. Quando Guerra vede i militari arrivare a casa sua si rifiuta di sottoporsi alle cure mediche. Dopo lunghe trattative, però, il giovane sembra acconsentire a salire in auto. Poi chiede di andare un bagno e lì fa scattare la sua fuga. Uscito dalla finestra, si mette a correre per i campi, dando vita ad un lungo inseguimento. Quando il brigadiere Stefano Sarto riesce a fermarlo e ad ammanettarlo, Guerra reagisce con violenza. L'inizio della disgrazia. Come racconta il Corriere del Veneto, infatti, Guerra "aveva rovesciato una gragnuola di pugni sul volto e sul corpo del militare, aiutandosi anche con il ferro della manetta. Davanti a quella scena il maresciallo Pegoraro aveva sparato prima tre colpi in aria e poi, non vedendo nessuna volontà di fermarsi da parte del trentenne (due metri per cento chili di muscoli) si era inginocchiatoene aveva sparato un quarto, mirando al corpo del trentenne". Uccidendolo.

La difesa e l'accusa

Legittima difesa, prova a dire il militare. Ma i pm non sono d'accordo. Prima il sostituto procuratore lo accusa di omicidio volontario, poi l'interrogatorio del maresciallo gli fa cambiare idea e modifica l'imputazione in eccesso colposo di legittima difesa. Inutile dunque aver sparato tre colpi in aria per evitare il pestaggio del collega. Per il magistrato il carabiniere ha comunque esagerato. Nell'imputazione si legge infatti che Pegoraro avrebbe potuto "neutralizzare la condotta violenta buttandosi su di lui, colpendolo con un calcio o con il calcio della pistola".

Facile a dirsi a mente fredda.

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