Rubrica Cucù

Storia di un uomo che non poteva amare

Era un denigratore storico dell'amore. Lo disprezzava come una malattia e un'illusione...

In una taverna sul mare di Cargese, in Corsica, ho conosciuto la storia di un uomo che val la pena raccontare. Lo chiamavano U Scorbutu. Era un denigratore storico dell'amore. Lo disprezzava come una malattia e un'illusione, una perdita di energie e un trafugamento d'intelligenza e spirito a vantaggio della carne e dei languori. Non era refrattario al sesso, ma rifuggiva dall'amore come dalla peste. Erano famosi i suoi motti per ridicolizzare l'amore e coglionare gli amanti. 
 
Poi, col passare degli anni, dopo aver a lungo corteggiato platealmente la morte e averla invocata anche nella taverna dove eravamo seduti quella sera, U Scorbutu cominciò a farsi taciturno e sempre più pensieroso. Finché un giorno davanti a una spiaggia disse a un amico (traduco dal suo gergo rozzo): la sabbia sta finendo i suoi granelli, si vuota il futuro e si riempie il passato; è tempo di rovesciare la clessidra. E da quel giorno U Scorbutu entrò in Amore. 
 
Amò pazzamente, giocosamente, con gioia e dolore, donandosi a lei anima e corpo. L'amore creò ulcere e metastasi sul suo corpo, ischemie nella sua mente, e lui ne morì. Ebbe il tempo di dire che l'amore era per lui una malattia letale, il suo disprezzo era un dispositivo di autodifesa del suo organismo troppo sensibile all'amore. «L'amore è un dio...» e non finì la frase. Erano caduti gli anticorpi e gli esorcismi che lo immunizzavano dall'amore. Troppo vulnerabile era il suo organismo o troppo forte era il suo amore per reggere i suoi colpi. U Scorbutu morì d'amopatia.

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