Cronache

Il dopo terremoto non finisce mai: un anno dopo è ancora emergenza

Altro che ricostruzione: il dossier svela il bilancio disastroso dei governi Pd. E il dopo Errani allarma i sindaci

Il dopo terremoto non finisce mai: un anno dopo è ancora emergenza

«Tutto come era, esattamente dov'era». E «non sarà come l'Aquila, dove si son persi anni», «le casette arriveranno in sette mesi al massimo». Così all'indomani del sisma, tra tendopoli e macerie fresche di crollo, la speranza di riavere presto un futuro che somigliasse tanto al passato che migliaia di persone avevano appena perso, veniva data in pasto alla disperazione degli sfollati del Centro Italia. Un anno dopo tutto è davvero «come prima». Ma non come prima del disastro che ha lasciato dietro sé il cratere più grande della storia del nostro Paese, con 140 comuni coinvolti in quattro regioni. Norcia, Arquata, Amatrice, Accumoli, San Benedetto del Tronto. Il bilancio tracciato in un vertice tra i sindaci dei territori colpiti e raccolto in un dossier del gruppo di Forza Italia alla Camera, consegna «un vero e proprio fallimento del modello di intervento sin qui realizzato», accusa Marcello Fiori, responsabile azzurro degli enti locali.

PROMESSE MANCATE

La disillusione si è palesata quasi subito alla prova delle casette. Quelle dei 7 mesi. Ne sono trascorsi 12 e ne sono state consegnate appena un quinto. Ma agli occhi delle popolazioni bruciano anche le tonnellate di macerie tra le vie di borghi storici divenuti fantasma. Dopo un anno il 91% è lì, a sbarrare le strade insieme al ritorno alla normalità. L'anniversario della tragedia riporta le lancette alle promesse dell'esecutivo, alle «cose fatte» rivendicate dal commissario Vasco Errani che ha lasciato l'incarico passando ai governatori la palla della ricostruzione. Parola che nei territori sventrati dal sisma fa rima con rassegnazione. La filiera si è inceppata. Alle discussioni sui «modelli» da attuare per non ripetere gli errori del passato sono seguite le prime crepe e i rimpalli di responsabilità. Oggi l'ingorgo burocratico è lì a rallentare i progetti, le gare, la ripartenza. Fiori ricorda che Forza Italia ha «sempre avuto un atteggiamento responsabile perché devono prevalere unità e solidarietà», ma avverte: «Un Paese serio ha bisogno di verità per correggere ciò che non funziona. La nostra non è una posizione pregiudiziale ma fondata sui dati di quello che è stato e soprattutto di quello che non è stato fatto».

IL FLOP DELLE CASETTE

Ancora 6.862 persone sono sistemate in hotel e strutture che poco hanno a che fare con il rapido ritorno alla vita prospettato da Renzi. Le casette di Amatrice dovevano arrivare entro Natale, sono state consegnate in primavera. Su un totale di 3.700 moduli ordinati da Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo, ne sono stati consegnati appena 750. Una casetta su cinque. E in modo non uniforme tra i comuni, con sole 42 arrivate nelle Marche su 1.800 richieste. Un migliaio di persone nei container, soprattutto «agricoltori rimasti a presidio della propria attività», anche questa rasa al suolo. Il groviglio di direttive e ordinanze ha dilatato i tempi a un livello inaccettabile anche per il presidente dell'Anci Decaro: «Se neanche a settembre saranno pronte le famiglie iscriveranno i figli in scuole lontane. Così le comunità si perdono». Infatti, oltre 37mila cittadini non si sono fidati e si sono arrangiati optando per il contributo sull'affitto, con una spesa pubblica che a luglio ammontava a 200 milioni di euro.

LE MACERIE MAI RIMOSSE

Difficile pensare di ricominciare quando il tuo paese è sommerso dalle stesse macerie del 24 agosto 2016. Finora ne sono state rimosse il 9% del totale. Su oltre 2,6 milioni di tonnellate scaricate dal sisma, ne sono state eliminate appena 237mila. In Abruzzo su 160mila non ne è stata rimossa neanche una; nelle Marche 117mila su 1,1 milioni di tonnellate. Nel Lazio 100mila su 1,2 milioni. In Umbria 10mila su 100mila. Solo nei giorni scorsi in occasione della visita di Gentiloni, a spalare è stato chiamato l'Esercito. Anche qui, burocrazia: i detriti sono classificati come rifiuti urbani e la macchina delle autorizzazioni è complessa da mettere in moto.

LA VIABILITÀ PARALIZZATA

Le strade. «Come era prima, dov'era prima», diceva il governo. Eppure solo dopo sei lunghi mesi, il 13 febbraio, è stato approvato un elenco di 408 interventi per 389 milioni di euro. Ne servirebbero 554 per un totale di 517 milioni, ma a oggi tra solo otto sono in via di realizzazione e due completati.

LE VERIFICHE DI AGIBILITÀ

Il commissario Errani ha rivendicato la capillarità dei sopralluoghi negli stabili pericolanti: ne sono stati svolti 197mila ma all'appello ne mancano ancora 16mila, di cui ben 13.449 nelle Marche. Ma non ci sono sufficienti squadre di tecnici per garantire in tempi brevi il completamento delle verifiche. Il bilancio fin qui è sconfortante: il 35% delle 2.638 scuole controllate non è agibile, così comeil 51% dei 3.244 edifici pubblici.

E ora si teme per la fase due, quella del dopo-Errani.

«Tutti i sindaci - spiega Fiori - hanno affermato la netta contrarietà a un rafforzamento delle funzioni dei governatori, la cui gestione è stata pessima».

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