Cronache

"Io, italiana scappata dalle mani del Califfato"

Repubblica ha intervistato Laura Passoni che ha vissuto per otto mesi tra le fila del Califfato. Tutto è partito dalla sua conversione all'islam

"Io, italiana scappata dalle mani del Califfato"

Si converte all'islam prima di sposare il suo futuro marito e insieme decidono di unirsi all'Isis: ecco il racconto choc di una donna italiana.

Lavoravano nello stesso supermercato a Jumet, un piccolo centro nei pressi di Cherleroi. Lei è Laura Passoni, 30 anni con un figlio di 4 avuto da una relazione precedente. Raggiunta dall'inviato di Repubblica, ha raccontato il suo incubo durato otto mesi: la donna è entrata nelle fila del Califfato tra il 2014 e il 2015.

La donna è cittadina belga, ma di origini italiane, i suoi genitori si sono trasferiti in Belgio nel Secondo dopoguera. Un giorno Laura, sul posto di lavoro, ha conosciuto Oussama Rayan, un uomo di origini tunisine. Tra i due è nato l'amore e Laura ha deciso di cambiare la sua religione per poi sposarsi con lui. Poi, insieme fanno una drastica scelta: quella di unirsi all'Isis, trasferendo la famiglia in Siria, vicino ad Aleppo.

"Lui mi ha messo in testa tutte quelle cose sull'Isis, ma la loro propaganda è fortissima e ci sono cascata. Mi sono radicalizzata, vedevo il Califfato come l'unico posto giusto per i veri musulmani" - racconta la donna a Repubblica -. Non sono stata costretta, sono stata convinta. Andammo in crociera a Smirne, in Turchia, e da lì raggiungemmo il confine con la Siria. L'Isis non ci ha fornito documenti, ma avevamo trovato un appartamento. Non c'erano tasse da pagare, la sanità era gratuita e usano cure mai viste in Europa. La vita però era molto cara, e i soldi erano pochi" - spiega Laura.

"Abitavo ad Al Bab con mio marito e mio figlio, nel governatorato di Aleppo. Nel palazzo non potevo lavorare, mi era vietata qualsiasi cosa. Dovevo solo occuparmi di casa e figli. Non potevo uscire di casa o andare su internet senza la presenza di un uomo, mi sono sentita subito prigioniera. Non mi sono mai state fatte violenze, ma obbedivo nel terrore che potessero prendere mio figlio. Era tutto l'opposto di quello che prometteva la propaganda del Califfato, e a un certo punto realizzai che non volevo che mio figlio diventasse un terrorista" - continua Laura.

La donna non ha voglia di raccontare come è riuscita a scapapre da quell'inferno, spiega soltanto che riuscì a comunicare di nascosto via sms con i genitori e da lì è partito tutto. Per la giustizia belga ci fu una trattativa con alcuni jihadisti in Turchia che fecero da intermediari per farla tornare a casa con i suoi figli. ( Laura, durante la permanenza in Siria, ha avuto un figlio dal marito).

Arrivata in Belgio, il tribunle le ha tolto per tre mesi i figli, affidandoli ai nonni, e l'ha condnnata a cinque anni di carcere con la condizionale. In più, deve pagare una multa di 15 mila euro. Le è stato anche proibito l'uso dei social network e ogni sua comunicazione è intercettata. Oggi Laura, nonostante la condanna che pende su di lei, è di nuovo una donna libera in confronto alla schiavitù vissuta sotto il Califfato.

La donna ha potuto anche riabbracciare i figli e partecipa agli incontri di associazioni di familiari di foreign fighter. L'ultima riunione si è svolta nel quartiere-simbolo di Molenbeek, proprio dove ha incontrato il giornalista di Repubblica. La donna ha concluso la sua intervista con un messaggio per tutti coloro che sono affascinati da quel mondo: "Se avete intenzione di partire, non fatelo. Vi illudono che vivere sotto l'Isis sia perfetto, ma non è così, e una volta lì è quasi impossibile tornare indietro. Io sono stata molto fortunata, ma ho comunque rovinato la mia vita.

Prima di prendere decisioni, parlatene sempre con qualcuno e non fatevi fare il lavaggio del cervello".

Commenti