Cronache

Da Torino a Milano, un viaggio in treno che sembra un'odissea

Anziani in piedi, niente aria condizionata e zingarelle a caccia di portafogli. Mentre quattro carrozze vuote restano chiuse

Da Torino a Milano, un viaggio in treno che sembra un'odissea

Nella stazione di Vercelli, lo speaker non segnala ritardi. Il Regionale Veloce in arrivo da Torino e diretto a Milano delle 11.49 si ferma (quasi) puntualmente. Il convoglio c’è; il problema è salirci. Per chi tenta in Prima classe poi è impossibile. Quell’esborso in più non una tentazione da snob, semplicemente quasi un’obbligo per chi conosce il tradizionale sovraffolamento in questa fascia oraria e magari non è più giovanissimo..

Ma oggi Trenitalia ha deciso di trasformare per tutti quelle che dovrebbero essere due ore di viaggio in una sorta di Camel-trophy. Un’odissea, infarcita di trappole ed imboscate. Il convoglio è lungo, una dozzina di vagoni se non più. A Vercelli la sosta dura meno di un minuto. I viaggiatori si distribuiscono lungo la banchina. Ed ecco la sorpresa. Le porte delle prime quattro carrozze, quelle di testa, non si aprono. Nessuno scende, nessuno può salire. I vagoni sono deserti. A questo punto si intuisce che qualcosa non va. Ma si è soli, nemmeno un ferroviere a cui chiedere aiuto, ci si guarda, si sente un fischio, cavolo il treno sta per ripartire. Si corre, si torna indietro alla ricerca di un varco per arrampicarsi in carrozza... Niente. All’improvviso anche le porte, fino a quell’attimo aperte, si richiudono. Qualcuno rimane intrappolato, un braccio, una gamba fuori. Il convoglio, come guidato da un fantasma, cieco e sordo, lentamente riparte. Lo rincorriamo, picchiamo sui finestrini, non siamo i soli, da dentro qualche passeggero urla, prova ad aprire. Niente. Dopo pochi metri - meno male - il locomotore si ferma. Avrebbe potuto finire peggio. «Gli impigliati» si liberano, altri rimasti «a piedi» riescono a fatica a salire.

Un sospiro di sollievo. Subito soffocato. Da Vercelli alla Milano dell’Expo dove il Regionale veloce fermerà 70 chilometri dopo, sarà un inferno. Caldo soffocante, aria condizionata che è una chimera, passeggeri che smoccolano accalcati nei corridoi, posti a sedere tutti occupati. Una donna cardiopatica si sente male, anziani in piedi col respiro affannato, puzza di sudore e umanità stanca, una cinese, lei almeno sì, beatamente stravaccata coi piedi e le sue due valige sui sedil ad occupare altrettanti posti. E per non farsi mancare nulla, zingarelle «portoghesi» a caccia di elemosine e portafogli. Nelle toilette chiuse altrettanti vu’ cumpra’ senza biglietto. Noi, con il biglietto di I classe viaggiamo in piedi, in una Seconda che somiglia a un caravanserraglio. Ma perché quattro vagoni sono chiusi? Quando finalmente si vede il ramingo capotreno la gente lo assale. Passeggeri infuriati. Indignati. La maggior parte però rassegnati. Qualcuno grida: «Siamo italiani non animali». Gli si chiedono spiegazioni. Lui, serafico le dà: «Purtroppo sono solo e non posso controllare così tante carrozze, dunque le ho fatte bloccare». Eh già, meglio fare viaggiare la gente come bestie, accalcalta in un caldo infernale, un «merci» non sarebbe diverso. La chiosa dell’ineffabile capotreno, poi, sa di burla. «Ho precise disposizioni, lo facciamo per la vostra sicurezza». Vabbè, almeno adesso sapremo di dover ringraziare Trenitalia per la solerzia. Un terzo dei passaggeri, paganti e non, cala a Rho Fiera. Vanno all’Expo, già stanchi e incazzati.

Per i pendolari della Torino-Milano e viceversa non è una novità.

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