Cronache

Trattative e voci segrete Il Rosatellum è un rebus

Il tono è quello del prendere, o lasciare. «Mi dicono che Berlusconi - spiega Matteo Renzi - sul Rosatellum, la legge elettorale che mette insieme proporzionale e collegi maggioritari, ci stia ripensando, che vorrebbe tornare sul proporzionale su modello tedesco. Mettiamoci in testa, però, che il Tedeschellum non esiste più. È un caro estinto. Anch'io vorrei uscire con Claudia Schiffer, ma lei (...)

(...) non vuole, per cui... Oggi non troverei nessuno nel Pd che lo voterebbe: a giugno è caduto su un emendamento non nostro, ma se l'esame parlamentare fosse andato avanti, sarebbe caduto lo stesso. Mi chiedete se il Rosatellum passerà l'esame parlamentare? Non lo so, per questo non l'ho mai sposato in pubblico. Secondo me potrebbe passare solo ponendo la fiducia, ma Brunetta non vuole. Sia chiaro, però, che se non passa, resta solo il Consultellum. Con un problema: se Mattarella vorrà un decreto per le modifiche tecniche per armonizzare le leggi di Camera e Senato, chi vi dice che Grasso in Senato non renda ammissibile un emendamento per fare saltare le liste bloccate? Berlusconi ci pensi».

Fin qui le certezze di Renzi. Un altro sicuro di sé è l'altro Matteo, Salvini. È lui che ha rilanciato il Rosatellum, togliendolo dalla naftalina, perché è sicuro che gli dia un ruolo privilegiato nel centrodestra: la Lega, con la sua concentrazione di voti al Nord, ha l'ultima parola su metà dei collegi uninominali. E ora lo difende a spada tratta. E con lui i suoi alleati dentro Forza Italia, a cominciare dal governatore della Liguria, Giovanni Toti. «Dobbiamo fare di tutto - è il messaggio di Salvini - per farlo approvare». E intanto continua a far slittare l'incorno con il Cav: vuole incassare il Rosatellum, prima di trattare da una posizione di forza.

Infine, Silvio Berlusconi, diviso tra dubbi e certezze. Al Cav le insistenze speculari di Renzi e Salvini su questa legge elettorale hanno fatto sorgere qualche perplessità. Il giorno del suo compleanno le ha confidate anche al consigliere di una vita, Gianni Letta. «Continuo a preferire una legge proporzionale - ha spiegato - che permetta a ognuno di avere automaticamente in Parlamento tanti seggi, quanti voti ha nel Paese. Ogni partito deve contare per i voti che ha». Insomma, il Cav non ha nessuna voglia di negoziati estenuanti con Salvini sull'ultimo collegio uninominale. Inoltre più di qualcuno, dentro e fuori Forza Italia, gli dice di stare attento. I coordinatori del partito al Sud, dal pugliese Vitali al campano De Siano, per usare un eufemismo, la trovano una legge penalizzante. «Mi puzza - è il ragionamento di Rocco Palese, arrivato da poco nelle file degli azzurri - mi sembra uno strumento per aprire la fase del dopo Berlusconi: a Nord dà il potere alla Lega; al sud ai vari feudatari centristi, che faranno pagare al Cav in termini di seggi, il loro 2-3%, che può essere decisivo nei collegi uninominali. Un meccanismo infernale, che rischia di cannibalizzare Forza Italia». Riserve che escono anche dalla bocca del viceministro, Luigi Casero, «centrista» tornato a bussare alla porta degli azzurri. «Non credo che passi il Rosatellum - spiega -, non capirei il Cav. Una legge del genere rischia di aumentare l'influenza di Salvini dentro il centrodestra, a scapito della centralità di Berlusconi». E, potrà pure apparire paradossale, ma le stesse analisi ritornano sulla bocca degli scissionisti del Pd, che contro la legge elettorale hanno dichiarato una sorta di guerra santa, uscendo addirittura dalla maggioranza di governo. «È il colmo - dice con una punta di sarcasmo Speranza - Renzi ci chiede di votare una legge di bilancio che non ci piace, e, intanto, monta la ghigliottina per tagliarci la testa». «Gli abbiamo mandato a dire - rincara D'Attorre - che se passa il Rosatellum presenteremo un nostro candidato in ogni collegio e faremo saltare le giunte locali dove siamo alleati con il Pd. E poi dove sta scritto, che non si può riproporre il tedesco, specie se i grillini dicono di sì!?». Mentre Fornaro, addirittura, si preoccupa della sopravvivenza politica del Cav. «Renzi - è il suo pensiero - vuole polarizzare lo scontro tra lui e Salvini. Un modo per rilanciare una nuova versione del partito della Nazione, per attirare a sé mondi moderati. Insomma, la tomba di Forza Italia».

Se questi sono i sentimenti che covano in Parlamento alla vigilia dell'esame in aula della legge elettorale, è comprensibile lo scetticismo di Renzi sulla sua approvazione. Non per nulla il leader del Pd tenta di tranquillizzare, a modo suo, il Cav. Addirittura di lusingarlo. Usando, più o meno, gli argomenti di Brunetta e Romani. «Il Rosatellum - è la lezione che il Matteo politologo, ha impartito anche ai suoi - toglie 50-60 seggi a Grillo e li ridistribuisce tra noi e il centrodestra. Su questo non ho dubbi. Per cui Berlusconi potrebbe assicurarsi 70 seggi sul proporzionale che, aggiunti alla metà dei 100 collegi uninominali, che potrebbero andare al centrodestra, vuol dire 120 deputati. Non sono pochi. Con un numero del genere il Cav potrebbe risultare indispensabile per qualsiasi maggioranza. Solo che non deve farsi fregare nella trattativa con Salvini. Il suo problema è tutto lì. Se avesse ancora Verdini...».

Già, «è tutto lì», ma non è poco. Perché bisogna spuntarla con il leader della Lega, che ha una legge elettorale che lo favorisce; che ambisce a diventare il leader del centrodestra; e, infine, che farà di tutto per evitare che il Cav abbia a disposizione il numero di seggi necessario per fare due politiche: un'alleanza con un Salvini, «normalizzato»; o, in subordine, con il Pd, per garantire al Paese la governabilità. Insomma, ed è legittimo dal suo punto di vista, Salvini farà di tutto nella «trattativa» per far venire meno, o ridurre, il ruolo centrale nello scenario politico, che una serie di eventi hanno consegnato a Berlusconi.

Problemi che il Renzi del Rosatellum, non ha. Anzi, il personaggio con la nuova legge sarebbe più che a suo agio. «Io - è il suo pensiero - farò la campagna, radicalizzando lo scontro con Salvini e Berlusconi. Dirò ai lettori della Repubblica, che non mi amano, che il Cav sta per tornare. E su questo schema, porrò la questione del voto utile, mettendo sul banco degli imputati chi ha abbandonato il Pd, dividendo la sinistra, con il rischio di far vincere le destre. Alle elezioni il Pd si presenterà con un centro moderato guidato da personaggi come Calenda, in cui verrà annacquato Alfano. Con una sorta di forza Europa, guidata da Della Vedova o, se vorrà, dalla stessa Bonino. E da un soggetto di sinistra sulla linea di Pisapia». Renzi non ne parla, ma nell'aria c'è anche un listone civico con i governatori. Quindi, uno schieramento ampio, che per l'appunto, mira a contendere il voto dei moderati a Forza Italia e a presidiare il voto di sinistra. Una strategia che nella sua mente pragmatica non fa una piega e, secondo i suoi calcoli, potrebbe portare allo schieramento imperniato sul Pd dai 180 ai 190 deputati. Ed è convinto che neppure una sconfitta in Sicilia, potrebbe rimetterla in discussione. «Anche se vincesse Musumeci - è la sua tesi - la politica del Pd non cambierebbe. Berlusconi non ci caschi. In direzione ho i numeri blindati e chi tentasse lo scherzetto degli autoconvocati si troverebbe fuori dalle liste elettorali. E poi, cosa potrebbero rimproverarmi? Volevano una legge elettorale con le coalizioni? E il Rosatellum le consente. Volevano un candidato aperto a sinistra? E Micari era sul palco di Pisapia. Lo spiegherà lo stesso Leoluca Orlando che inviterò alla prossima riunione di direzione». Infine, di lusinga in lusinga Renzi ha fatto recapitare al Cav un messaggio, per dimostrare che qualunque alternativa nel Pd è sempre peggiore di lui. «Se mi avessero dato retta, se fossimo andati alle elezioni prima - ha spiegato, sospirando, a più di un interlocutore l'ex sindaco di Firenze - non avremmo avuto un codice antimafia che in alcune norme sul sequestro preventivo dei beni, è davvero famigerato. Ho sentito dire dal Guardasigilli Orlando che la proprietà privata non è più un tabù. Cose dell'altro mondo».

Insomma, un Renzi versione Re Sole. Che ridisegna lo scenario politico italiano, secondo i suoi comodi: un centrodestra con un identikit più spiccatamente salviniano; un Berlusconi ridimensionato ma rassicurato; e i vari Bersani e D'Alema ridotti al ruolo di testimoni. «Mi dicono - confida l'ex ministro della Difesa Mario Mauro, tornato dal Cav - che Pd e Lega abbiano già ipotizzato lo scioglimento del Parlamento il 23 dicembre per fissare le elezioni politiche il 4 marzo. In questo modo il voto politico sarebbe svincolato da quello delle regionali in Lombardia, dando modo alla Lega di non fare un'unica trattativa con Forza Italia». Un altro elemento a conferma di quanto sarà difficile il negoziato con Salvini ma anche il sospetto che il segretario del Pd parli in pubblico con Forza Italia ma si accordi in privato con la Lega. Insomma, il dubbio sull'esistenza di un patto tra nemici per fregare quelli che sulla carta dovrebbero essere gli amici. A studiare la Storia del genere umano non ci sarebbe nulla di più scontato. Per cui all'ombra di queste diffidenze il Rosatellum potrebbe anche naufragare. O magari no.

«In politica spesso vige la legge del biliardo - è la massima di un uomo d'esperienza come Fabrizio Cicchitto -: la pallina sponda dopo sponda, finisce in buca proprio quando meno te lo aspetti».

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