Cronache

Uccise la moglie Melania, sconto di pena per Parolisi

La Cassazione aveva escluso l'aggravante della crudeltà: la pena viene ridotta di dieci anni

Melania Carmela Rea e Salvatore Parolisi
Melania Carmela Rea e Salvatore Parolisi

La Corte d’Assisi d’Appello di Perugia ha condannato a 20 anni di carcere Salvatore Parolisi. Il ricalcolo della pena al ribasso per il caporal maggiore, che ha ucciso la moglie Melania Rea e che per questo era stato condannato a trent'anni di carcere con rito abbreviato, era stato disposto l'11 febbraio scorso dalla Corte di Cassazione dopo aver escluso l'aggravante della crudeltà. La difesa aveva chiesto anche le concessioni delle attenuanti generiche a cui sono sono, però, opposti il sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola e la parte civile assistita dall’avvocato Mauro Gionni, che aveva ricordato l'atteggiamento tenuto dal caporalmaggiore dopo la scomparsa della moglie.

È il 18 aprile 2011 quando Melania scompare sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dove era andata per trascorrere qualche ora all’aria aperta insieme al marito e alla figlia 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l’unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l’ha mai vista entrare. È lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l’allarme: Parolisi chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il corpo della donna viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul corpo. L’autopsia appura che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un’altra sim. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali.

Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno 2012, a più di due mesi dall'omicidio. L’arresto arriva invece quasi un mese dopo. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie a causa della situazione che si era creata con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l’ordinanza del Tribunale del Riesame dell’Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo del 2012 dal giudice Marina Tommolini, Parolisi viene condannato all’ergastolo il 26 ottobre del 2012. Parolisi viene condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l’omicidio della moglie dal gup Marina Tommolini. A Parolisi il gup commina anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania. Il 30 settembre 2013 arriva la sentenza di secondo grado: Parolisi viene condannato a 30 anni dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila per l’omicidio della moglie Melania Rea.

Nel ricorso presentato dai suoi legali Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, insieme anche al noto penalista Titta Madia, la difesa di Parolisi chiede alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di condanna.

Il 10 febbraio 2015 la Cassazione annulla l’aggravante della crudeltà nei confronti di Salvatore Parolisi.

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