Economia

Ultimo appello alla Lega dall'Italia del Pil

Ultimo appello alla Lega dall'Italia del Pil

Circola un numerino secondo il quale l'elettorato dei Cinque Stelle, circa un terzo del totale dei votanti, vale l'1% del Pil. Sarebbe il risultato di un'analisi reddituale del voto. Forse è eccessiva. Di certo si può dire che la somma del Pil delle nove regioni del Sud dove è stata netta la vittoria del M5s vale circa 400 miliardi: il 24% del Pil. Ecco allora il senso dell'intervento di ieri di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, molto critico con la componente grillina del governo: è stata fatta una manovra di bilancio a beneficio di quella parte di italiani che contribuisce alla ricchezza, alla crescita, al benessere del Paese per una quota compresa tra l'insignificante e comunque meno di un quarto del totale. E a pagarla saranno gli altri.

Bonomi è il numero uno dell'associazione degli industriali di Milano, con Lodi, Monza e Brianza. Un territorio che da solo vale circa il 12% del sistema Confindustria in termini di reddito prodotto e quindi di peso economico, oltre che associativo. Per questo il suo presidente rappresenta quel mondo imprenditoriale che meglio di qualunque altro si intende di crescita, cioè della «sostanza» di cui l'Italia ha un disperato bisogno, e intorno alla quale gira tutto il dibattito sulla manovra economica. Ebbene, per quella parte di Paese che negli ultimi 4 anni è cresciuta più di una volta e mezzo il resto d'Italia (+6,2%), questa manovra è una presa in giro pericolosa: «Le stime di maggior crescita del Pil del governo non risultano credibili», dice Bonomi, mettendo a rischio il finanziamento del debito. La finalità «non è la crescita, ma il dividendo elettorale». Una manovra che recupera il peggio dell'assistenzialismo e dello statalismo (vedi Alitalia) nell'economia. Una manovra che non guarda al futuro dei nostri figli, ma al peggiore del nostro passato.

Bonomi rappresenta gli imprenditori che sostengono il Paese produttivo più ancora di Vincenzo Boccia, il presidente di Confindustria che, per il suo ruolo nazionale, li rappresenta invece tutti. E che infatti ieri ha tenuto, nella sua relazione, una posizione più possibilista. Ci sta: pochi vorrebbero essere al suo posto in questa fase. Ma proprio per questo le parole di Bonomi suonano come il monito più autentico dell'impresa più operosa, quella che marcia a ritmi tedeschi per intenderci; che potrebbe puntare al vertice nazionale nel 2020. E che finalmente smaschera i finti paladini della crescita, candidandosi in qualche modo a fare opposizione.

Un monito chiaramente diretto, all'interno della compagine gialloverde, a M5s, in quanto ispiratori dei provvedimenti più invisi. Mentre per la Lega vale l'altro lato della medaglia: l'impresa del Nord continua a ritenere il Carroccio un punto di riferimento e si aggrappa a Salvini come all'unico argine possibile rispetto ai Cinque Stelle. Ma nello stesso tempo lancia un messaggio chiaro alla Lega: spezzate il legame mortale con chi vuole impoverire il Paese, e tornate a casa. Questa è l'unica prospettiva politica concreta che rimane nelle mani di chi produce realmente la crescita e non solo con gli slogan elettorali: quella di un nuovo centrodestra, che recuperi la sua natura liberale e moderata. Tanto al Nord, quanto al Sud, dove la figura di Antonio Tajani è vista come l'ideale collante per tenere insieme Paese ed Europa.

Ne parleranno, domenica a Monza, in una cena ristretta, una ventina di imprenditori. Ospite d'onore proprio Salvini, per cercare di aprire un fase nuova.

Sulla sponda di un'onda che, da ieri, appare prendere più forza.

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