Cronache

Veneto, liberi i secessionisti I giudici smontano l'accusa: "Non sono terroristi"

Bocciata l'accusa di associazione con finalista di terrorismo, inchiesta spostata a Padova

Veneto, liberi i secessionisti I giudici smontano l'accusa: "Non sono terroristi"

Si sgonfia di colpo al primo controllo di un giudice l'inchiesta che ha portato in carcere ventiquattro secessionisti accusati di preparare l'insurrezione del Veneto. Il tribunale della Libertà di Brescia, cui avevano presentato ricorso un folto gruppo di arrestati, sposta la competenza a Padova e scarcera dodici degli arrestati: cinque vanno ai domiciliari, sette (tra cui l'ex deputato Franco Rocchetta) tornano completamente liberi.

Alla base dello spostamento di competenza c'è la bocciatura senza mezzi termini dell'accusa di associazione con finalità di terrorismo che era stata mossa a capi e gregari della "Alleanza", l'organizzazione semiclandestina che doveva portare, secondo gli inquirenti bresciani, ad azioni clamorose finalizzate a portare il Veneto fuori dall'Italia, intaccando l'integrità nazionale. L'unico reato che resta in piedi è la costruzione del "tanko", il trattore agricolo trasformato in rudimentale carroarmato, realizzato in una cascina in provincia di Padova. Lì pertanto si trasferisce l'indagine, e sarà la procura locale a decidere se chiedere un nuovo ordine di cattura per gli esponenti della Alleanza.

E' lo stesso risultato, per diversi aspetti, cui era approdata la prima indagine sui secessionisti, quella scaturita dall'irruzione nel 1997 di un primo "tanko" in piazza San Marco e dalla occupazione del campanile della basilica veneziana. In quell'occasione c'era voluto un processo per stabilire che nella sostanza il movimento dei Serenissimi non costituiva alcun pericolo reale per l'integrità della nazione, e a far così cadere le accuse. Stavolta la smentita delle tesi dei pm bresciani è arrivata ancora prima: le accuse formulate dalla procura e considerate attendibili dal giudice preliminare Enrico Ceravone (che aveva parlato di "concreta idoneità dell'organizzazione a perseguire e attuare il programma" della secessione, "perseguendo l'instaurazione di un regime autoritario-militare di transizione sui territori liberati e prefigurando contatti diplomatici con Stati confinanti alla ricerca del riconoscimento della nuova realtà statuale") si sgretolano al primo vaglio di legittimità. I dodici arrestati lasciano in queste ore i carceri dove erano rinchiusi. Tra loro anche il leader del movimento dei forconi, Lucio Chieregato.

Nel primo gruppo che lascia il carcere di Canton Mombello, insieme a Stefano Ferrari, va ai domiciliari Michele Cattaneo che era accusato di avere partecipato personalmente alla costruzione del "tanko" e del suo rudimentale cannoncino: e torna del tutto libero, come Corrado Manessi, anche Roberto Abeni, nonostante nell'ordine di cattura fosse indicato come "cofondatore" dell'Alleanza e membro del governo in esilio, e venisse riportata una sua intercettazione in cui cercava di procurarsi un "otturatore girevole".

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