Cronache

Un voto per cambiare. Le urne fanno tremare Renzi

Il premier sa che se il Pd perde le sfide dei sindaci, poi toccherà a lui col referendum. Berlusconi lancia Parisi: «Votatelo, garantisco io»

Un voto per cambiare. Le urne fanno tremare Renzi

Come si dice faccia tosta in russo? Renzi. È un neologismo che arriva da San Pietroburgo. Matteo è scappato dai ballottaggi, perché è sempre più convinto che i propri candidati rischino di andare al tappeto. L'occasione è l'incontro bilaterale con la Russia. La speranza è firmare qualche buon accordo commerciale e coltivare un alleato pesante negli equilibri di potere. Ci vorrebbe un profilo diplomatico, ma Renzi è Renzi e non riesce a smentire se stesso. Putin sta parlando, serio, con la faccia da austero padrone di casa, il nostro premier invece pensa ad altro, forse è preoccupato, oppure si sta annoiando, fatto sta che si mette a smanettare tutto il tempo con il telefonino, picchia sui tasti, come uno che sta inviando sms o risponde imbronciato agli ultimi sondaggi clandestini. La faccia non è da giorni migliori. E magari sarebbe interessante capire chi sono i suoi interlocutori. Boschi? Lotti? Padoan? Il segretario particolare di Napolitano? I sorrisetti perfidi di D'Alema? Si sa che Matteo comincia a sentire il rumore della spallata che lo farà ruzzolare dalla poltrona di Palazzo Chigi. Queste amministrative sono le prove generali del referendum di ottobre, quello istituzionale. Una sconfitta del Pd a Roma, Milano forse Torino sarebbe il segno che l'eterogeneo fronte del no, il partito anti renziano, rischia davvero di ridisegnare il destino politico di Renzi: da protagonista a commediante, da vincente a sconfitto. E questa è una grande occasione per tutti gli elettori non renziani. Astenersi oggi è peccato. Non votare è un'occasione persa.

L'immagine che arriva da San Pietroburgo è comunque un simbolo di supponenza e maleducazione. Lo sguardo di Putin che squadra indignato lo smanettone telefonico dice tutto. I commenti di chi era in sala sono stati lunghi bisbiglii di sorpresa e fastidio. E questo sarebbe il promettente presidente del Consiglio italiano? Il sospetto è che Renzi e il suo partito siano arrivati al voto completamente in bambola. Non si spiega in altro modo l'ultimo attacco ipocrita e disperato alla Raggi. La candidata grillina a Roma non avrebbe rivelato le sue consulenze con la Asl di Civitavecchia. L'accusa è di scarsa trasparenza e di conflitto di interessi nascosto agli elettori. Ma la predica arriva da un partito che a Milano presenta un candidato molto più imbarazzante su questo tema. Beppe Sala, vale la pena ricordarlo, è lo stesso signore che per i lavori della sua casa a Zoagli ha scelto l'architetto meno opportuno, cioè lo stesso a cui aveva affidato - da commissario di Expo, e senza gara di appalto - i lavori per i padiglioni. Beppe Sala è quello che non ha inserito nella dichiarazione giurata come manager pubblico una casa a Sankt Moritz. Ed è sempre lo stesso Beppe Sala che ha perso la memoria su una partecipazione da un milione di euro in una società in Romania o nella Kenergy, azienda che si occupa di fotovoltaico in Puglia. Davvero il Pd ha il coraggio di parlare di trasparenza? Con che faccia? La stessa, a quanto pare, che si è vista a San Pietroburgo. Un faccia tosta.

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