Cultura e Spettacoli

Alberto Bevilacqua. Era il califfo dei libri, è già dimenticato

Per anni ha dominato le classifiche di vendita, vinto premi, sfornato romanzi e film culto. Ora è l'oblio. Tranne a Parma

Alberto Bevilacqua. Era il califfo dei libri, è già dimenticato

Che fine ha fatto Alberto Bevilacqua? Non mi riferisco alle spoglie mortali, che giacciono nel cimitero di Parma, ma alla gloria letteraria: anch'essa giace, mi verrebbe melanconicamente da dire. Che ne è dello scrittore che vinceva lo Strega, il Campiello, il Bancarella, che soggiornava per mesi ai piani alti delle classifiche di vendita, che veniva tradotto fino in Cina, che girava film di successo con le attrici più belle e più famose del mondo, che teneva banco al Maurizio Costanzo Show , e a cui Mondadori dedicava, evento raro per un vivente, un solenne Meridiano? Per più di trent'anni, grosso modo dalla Califfa a Gialloparma , Bevilacqua fu il romanziere italiano per eccellenza, almeno per tutti coloro che preferivano il suo impegno sentimentale a quello politico di Moravia. Quindi soprattutto per le donne. «È uscito Bevilacqua!», così le accoglieva il libraio, entusiasta di novità dai titoli sempre seduttivi: Il curioso delle donne , La donna delle meraviglie , Una misteriosa felicità , I sensi incantati ... Di tutto questo, a un anno esatto dalla morte, rimane poco. La Mondadori ha appena ristampato Roma califfa , probabilmente più per dovere che per il piacere di vederlo in classifica: già la prima edizione non aveva venduto molto. L'ultimo libro di Bevilacqua non l'avevo letto nemmeno io che pure al vecchio Albertone, come lo chiamavamo noi amici parmigiani, mi ci ero tardivamente affezionato. Provavo tenerezza per lo scrittore al crepuscolo, interesse per i suoi aneddoti della Parma di una volta (li dispensava a ogni ritorno in città, fra un piatto di tortelli e un bicchiere di lambrusco), e indulgenza per quelle che mi sembravano fandonie ma che forse dovevano considerarsi affabulazioni (non a caso da ragazzo lo avevano soprannominato Bagolò, contaballe). Però Roma califfa no, niente da fare: a me ingolosiva solo il Bevilacqua parmigiano, e poi mi ripugnava quel titolo furbastro.

Ho sentito un po' di librai e mi hanno confermato ciò che temevo: Bevilacqua non si vende più. Nemmeno le polemiche della lunga agonia, fra la sorella Anna e l'ultima donna Michela Miti, che la pensavano diversamente sulle cure così come oggi la pensano diversamente (molto diversamente) sull'eredità, sono riuscite a schiodare i suoi libri da banchi e scaffali. E dopo morto figuriamoci. Non è adottato nelle scuole, non ha una fondazione che organizzi convegni su di lui, non ha figli o vedove prestigiose che ne prolunghino la memoria, e nemmeno illustri biografi che si affannino sulle sue carte. A proposito: teneva un diario? Se esistesse sarebbe interessantissimo leggerlo, pubblicarlo. Ho telefonato a Michela per saperlo, l'ho trovata scossa per la lite ereditaria e, nonostante la lunga convivenza, piuttosto ignara circa diari, inediti, carteggi.

Temo che Bevilacqua paghi anche il non aver fatto testamento, il non aver lasciato indicazioni sulla gestione della sua opera. Oltre che un certo isolamento, la scarsità di amici, l'assenza di pupilli. Impossibile fare un confronto con Moravia che era appunto Moravia e quindi politicamente, socialmente, editorialmente fortissimo. Lo faccio allora con Attilio Bertolucci, tanto per citare un altro parmigiano. Bene: su Ibs ci sono dieci libri dieci su questo poeta che al di là degli addetti ai lavori pochi conoscono, e che ha trascorso una vita tranquilla per non dire piatta. Possibile che sull'uomo entrato nelle case di tutti gli italiani alfabeti, che è stato con Romy Schneider, che ha fatto l'inviato di guerra, che ha vinto lo Strega in modo misterioso (gli stessi malevoli che ancor oggi lo chiamano Bagolò dicono abbia finto di avere un cancro per impietosire i giurati), l'uomo che a un certo punto è stato perfino accusato di essere il mostro di Firenze, nessuno scriva una biografia come si deve? Alla fine ci dovrà pensare un parmigiano, un Guido Conti, un Antonio Riccardi, un Luca Sommi. È già successo che un bestsellerista insediatosi nella capitale al termine della sua parabola venga riadottato dalla terra natia. Bevilacqua non si legge più ma esiste un'eccezione: Parma. Qui scrittori e giornalisti lo stanno rivalutando con un misto di nostalgia e rammarico per averlo snobbato al tempo della grande popolarità, e sono gli stessi sentimenti che provo io. Davide Barilli ha riletto da poco La polvere sull'erba : «È bellissimo». Valerio Varesi ha appena affrontato Una città in amore che giudica «tecnicamente pregevole». Ferraguti, il direttore di Teleducato, ha riletto La califfa : «Bellissimo ritratto della Parma divisa in tribù, ricchi e poveri, oggi come allora».

Ecco dov'è finito Bevilacqua a un anno dalla morte: è tornato a casa.

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