Cultura e Spettacoli

Da Bach a Beethoven Tutti quei capolavori che cambiano autore

Brani firmati da Johann Sebastian Bach che ora qualcuno dice: non suoi. A guardare più indietro un' Ave Maria eseguita in tutto il mondo come scritta dal cinquecentesco Giulio Caccini da Tivoli, nel Novecento rimessa in discussione. Dulc is in fundo nuove rivelazioni anche sull'immortale pezzo pianistico Per Elisa di Ludwig van Beethoven. Già, proprio così: anche sul pianeta musica classica oramai i casi di attribuzioni dubbie, riviste e corrette, doppie verità e dibattiti fioccano come neve. E qualche volta come neve si sciolgono.

Una ricerca australiana su alcune composizioni di Bach lancia una tesi choc: a scriverle sarebbe stata in realtà la seconda moglie, Anna Magdalena, anche lei musicista. Il professor Martin Jarvis, dell'Università Charles Darwin sostiene che la consorte avrebbe composto la Suite per violoncello , le Variazioni Goldberg (almeno qualcuna) e il Primo preludio del Clavicembalo ben temperato, Libro 1 . Jarvis ha in mano delle prove, fra cui uno studio sui manoscritti. È noto che la donna trascrisse per Bach ma i ricercatori australiani affermano di aver accertato che la calligrafia non aveva la «lentezza o pesantezza» usualmente attribuite a chi sta solo copiando. In Italia la tesi è stata accolta in maniera tiepida. «Si prenda il Primo preludio , è profondamente connesso al resto, come una prima molecola in seguito sviluppata in tutt'opera, ed è piuttosto improbabile che sia stato scritto da un'altra mano...», dice Paolo Fenoglio, docente di Storia ed estetica della musica alla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Milano. Parlando della seconda moglie del sommo, più giovane di 17 anni; «lui aveva grande ascendente su di lei e lei lo considerava un Nume; diventata la sua copista, a un certo punto è arrivata a scrivere con la calligrafia del marito».

Ma ce n'è anche per Beethoven. Lo studioso Luca Chiantore sorprese la comunità dei suoi pari: «Sono convito che a dare forma al pezzo per come oggi lo conosciamo sia stato Ludwig Nohl». Insomma misteri su misteri e ogni tanto qualcuno porta pezze di appoggio. Il grosso degli enigmi riguarda Rinascimento e Barocco, quando per corti, chiese e salotti si macinava tanta musica d'«uso». E chissà nelle botteghe quante pagine sono state vergate da discepoli, scrivani e assistenti.

Poi l'arrivo del Romanticismo: meno produzione, meno casi dubbi, perché l'opera era «come una confessione dell'artista», il cui nome veniva scolpito nell'eternità.

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