Cultura e Spettacoli

Battiato, meditazione "rock" per rimettere l'Italia in pista

Nel nuovo cd cita Dante e Santa Teresa. E spera in "un uomo nuovo". "Ho compassione per il nostro Paese. E il mio tour sarà più grintoso"

Battiato, meditazione "rock" per rimettere l'Italia in pista

No, lui no, mica fa la solita conferenza usa e getta. Esce il suo primo disco di inediti dopo sei anni eppure lui, il maestro, non fa una piega, vola alto e parla e parla. Ma di tutt'altro. Anzi: «Vorrei andare a pranzo presto» mette subito le mani avanti. Poi invece. Franco Battiato è trascendente, saltella metafisico da un argomento all'altro perché li conosce tutti o quantomeno li mette a fuoco in quattro e quattr'otto con il suo personalissimo monocolo.
D'altronde spiega che questo Apriti Sesamo (a proposito: grande titolo in un momento in cui tutte le porte sono chiuse) arriva nient'altro che «da una zona più alta della mia». Da ovunque arrivi, è un disco completo, gonfio di libertà, pop nel senso di popular ma - grazie a un caleidoscopio di citazioni che da Santa Teresa d'Avila (Un irresistibile richiamo) arriva a Dante (Testamento) e al poeta arabo Ibn Hamdis (Aurora) - anche alto come nel mondo ben pochi dischi da primo posto in classifica riescono a essere. Per non farsi mancare nulla, in Caliti junku c'è musica (adattata) di Gluck. E in Apriti Sesamo spuntano due temi tratti da Sherazade di Rimsky Korsakov.
Onnivoro.

E personalissimo, come sempre. Persino criticabile, evviva. In fondo, come chiarisce in Testamento, «mi piaceva tutto della mia vita mortale, anche l'odore che davano gli asparagi all'urina». Chissà quanto compiacimento c'è un questo gusto provocatorio di Battiato che è una novità solo perché riesce a resistere intatto da sempre, da quando «ho bussato alla porta di Gaber che mi aveva sentito cantare dal vivo e voleva incontrarmi». Metà anni Sessanta. Allora - e si sente nella intensissima Quand'ero giovane (nostalgica e quasi beat la svisa di organo alla fine) - «andavo a letto tardi, sempre, vedevo l'alba» e qualche volta «mi capitava di vedere code di macchine sostare al Parco Ravizza o al Monumentale. La merce era il sesso, compravano sesso, e spesso diverso». Sarà pure un ricordo della gioventù che, come canta, «fortunatamente passa» però è nitido, nitidissimo: «Fu la prima volta che vidi transessuali, ho capito che c'era una grande differenza con gli omosessuali ma non mi è mai sembrato uno spettacolo interessante vederli sulla strada». Battiato ha iniziato a meditare nel 1970, «per disperazione». Ora è il frutto lucido di quella disperazione.

Nel suo tornio implacabile che macina quotidianità e aldilà, mescola a getto continuo Platone e fisica quantistica e Gilgamesh, si accalora sul libero arbitrio «che è la grande invenzione dell'uomo», critica monsignori e cardinali quando negano che «Cristo nei Vangeli canonici parli di reincarnazione» e infine traccheggia quasi sfinito sull'attualità. Così. «È inaccettabile vedere gente che ruba. E i politici rubano più dei banchieri, come dimostra il caso Lusi. La politica di oggi mi ricorda quando negli anni '80 vidi in tv una donna che, dopo aver cantato, ringraziava il pubblico senza accorgersi che in realtà la stava fischiando». E Grillo? «Mi è piaciuto Virzì dalla Gruber su La7 quando ha fatto capire che dopo un po' stanca. Però è anche vero che Grillo ha studiato fenomeni di autonomia locale e di risparmio energetico quando ancora nessuno qui da noi ne sapeva nulla». E il bello è che tutte queste riflessioni c'entrano quasi nulla con il nuovo disco. Come spiega lui: «Dopo tanti anni senza nuove canzoni, ho voluto fare bella figura, presentarmi a tavola con le posate d'argento e il servizio della festa...». Sarà che è diventato «astemio, non bevo e non fumo più». Sarà che si sente «più vicino all'infanzia di quanto fossi prima» ma questo è un disco «ottimista, ottimistissimo». Quindi, anche se nella inquietante Il serpente canta (complice l'ateo credente Manlio Sgalambro) che «da qualche parte un uomo nuovo sta nascendo», Battiato non è arrabbiato se in Italia ancora non si vede manco l'ombra di una novità: «Rabbia sinceramente no. Compassione sì, tanta». E giù un'altra tazza di tè verde. Un sospiro con gli occhi fissi e persino sereni.

E la promessa di iniziare a gennaio due mesi di tour che «sarà molto rock» come può permettersi di fare solo un cantautore di lungo corso che sta tornando ragazzino.

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