Cultura e Spettacoli

La biografia

Non era bellissima, Angelica Balabanoff. Piccola - un metro e cinquanta -, nata in Ucraina da una facoltosa famiglia ebrea attorno al 1870 e divenuta presto un idolo del socialismo rivoluzionario, aveva tuttavia fascino. Mussolini, com’è noto, ne fu colpito e, per quanto nessuno dei due lo abbia mai confermato esplicitamente, instaurò con lei una relazione importante. Il primo incontro, a detta della Balabanoff, avvenne il 18 marzo 1903 quand’ella, chiamata dai compagni di Losanna a commemorare la Comune di Parigi, fu distratta, mentre parlava, quasi calamitata dagli occhi irrequieti e magnetici di un giovane dall’aspetto sofferente. A quel giovane, il Mussolini allora esule in Svizzera, la rivoluzionaria si presentò e si offrì di aiutarlo. Vero o falso che sia l’episodio, è certo che il sodalizio fra la Balabanoff e Mussolini ci fu. Non a caso Mussolini non avrebbe esitato a riconoscere che a lei, dotata di «sapienza politica» e di una «generosità che non conosceva limiti», doveva molto.
Dell’intelligenza della Balabanoff la bella e sofisticata Margherita Sarfatti, altra donna importantissima nella vita del futuro Duce, disse che era «strana», tutta «a baleni, lacune e folgori». La Sarfatti non amava, comprensibilmente, la Balabanoff. La descrisse «piccola e deforme» e soprattutto incolta, «se coltura è capacità di raziocinio, di critica e cernita dell’altrui pensiero attraverso il proprio». Un giudizio errato. Lo si comprende bene leggendo la bella biografia Mai sono stata tranquilla. La vita di Angelica Balabanoff, la donna che ruppe con Mussolini e Lenin (Einaudi, pagg. 318, euro 20) che Amedeo La Mattina ha dedicato a questa donna eccezionale.
Intanto emerge, dalle pagine del libro, come la Balabanoff fosse tutt’altro che incolta, tanto è vero che frequentò università e biblioteche di mezza Europa e parlò cinque lingue. Il rapporto con Mussolini fu profondo. Lo dimostra proprio il fatto che entrambi non se ne vantarono e che la Balabanoff lo ammise, implicitamente, soltanto una volta quando, nella Parigi degli anni Trenta frequentata dagli esuli antifascisti, Randolfo Pacciardi le chiese di dirle come era Benito a letto, e lei gli rispose: «Un egoista, come in tutte le sue cose!». A quell’epoca i rapporti si erano già chiusi. Mussolini era ormai diventato il duce del fascismo. I tempi erano cambiati e Angelica, dopo quella con Mussolini, aveva già maturato un’altra rottura, all’inizio degli anni Venti, quella con i bolscevichi. Lenin, quando lei decise di lasciare Mosca, la liquidò con una battuta: «Sei un’indomita moralista». Ed era finita così, Angelica Balabanoff, ancora una volta, a girovagare per l’Europa impegnandosi in una duplice battaglia, contro il fascismo e contro il comunismo, ma ormai disillusa. Quel disincanto, per lei, socialista libertaria, fu traumatico: il fascismo da una parte, e lo stalinismo, dall’altra, rappresentavano il contrario del suo umanitarismo.
All’indomani della conclusione del secondo conflitto mondiale, la Balabanoff, che si era ritirata negli Usa, tornò in Italia e riprese la vita politica. Nel 1947, durante il congresso socialista, prende la parola e, fra le interruzioni e i fischi, parla senza peli sulla lingua del partito comunista sostenendo che non è né democratico né proletario. E lei, il giorno dopo il suo intervento, si recherà a Palazzo Barberini ad assistere alla scissione socialista. Ma anche il partito socialdemocratico la deluderà ben presto, sembrandole troppo governativo. Gli ultimi anni, fino alla morte avvenuta a Roma nel 1965, li trascorrerà in una sorta di semi-isolamento con pochi amici. Prima di morire, le sue parole saranno per la madre: «Mamuska, Mamuska...». Per quella madre che aveva lasciato per abbracciare il destino di girovaga rivoluzionaria e che, puntandole il dito contro, le aveva urlato: «Non sei tu che te ne vai. Sono io che ti caccio e ti maledico... quando morirai mi chiederai scusa». Lo ricorda caricandolo di un valore simbolico, questo episodio, Amedeo La Mattina proprio in apertura del suo libro.

Un libro, documentato e appassionato, capace di fondere la ricostruzione della vita di una donna di grande personalità con le vicende di un secolo travagliato.

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