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Dall'islam al dittatore rosso: la nostra libertà è sotto attacco

Dopo "The Interview" anche "Homeland" ed "Exodus". Aumentano i film o le serie tv contro cui scatta la censura

Dall'islam al dittatore rosso: la nostra libertà è sotto attacco

A qualcuno l'accostamento sembrerà esagerato ma la censura dei film di cui si parla da giorni riporta alla memoria il rogo dei libri di autori ebrei durante l'epoca nazista. Il più grande ebbe luogo il 10 maggio 1933 a Berlino. Furono dati alle fiamme i volumi considerati "contrari allo spirito tedesco". Nello stesso giorno Goebbels tenne un discorso in cui affermò che (i roghi, ndr) erano un ottimo modo "per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato". Oggi, nell'era di internet, bruciare un libro o un film serve a poco. Ma ci sono forme più subdole e ugualmente pericolose volte a impedire la libertà di pensiero. Alla base di tutto c'è, come sempre, la censura.

Il caso più clamoroso degli ultimi giorni è "The Interview", il film-parodia che ha fatto imbestialire la Corea del Nord, scatenando le ire del regime di Pyongyang e degli hacker nordcoreani contro la Sony (produttrice). Nella pellicola si parla di due giornalisti americani che, in procinto di intervistare Kim Jong-un, sono avvicinati dalla Cia che affida loro una missione segreta: uccidere il dittatore. Dopo le minacce ricevute ("scateneremo un nuovo 11 Settembre") il film non è uscito. Solo dopo le forti pressioni della Casa Bianca, decisa a scongiurare ogni forma di censura sul proprio territorio, è stato proiettato in trecento sale (sulle tremila previste) nel giorno di Natale.

Nelle ultime settimane si sono registrati altre clamorose "censure" contro opere cinematografiche. Egitto e Marocco hanno vietato l’uscita del film "Exodus-Dei e Re", di Ridley Scott. La pellicola, incentrata sull'episodio biblico della fuga degli Ebrei dall'Egitto, ufficialmente è stata bloccata perché dà spazio alla “rappresentazione divina”, vietata in tutto l'islam. La scena incriminata è quella in cui un bambino offre la rivelazione a Mosè. Quello scattato in Marocco non è un divieto formale ma solo un "suggerimento" rivolto a tutti i distributori: non fate vedere quel film. Il primi ad arrabbiarsi – e non poco – per Exodus era stato l'Egitto, che aveva puntato il dito contro Ridley Scott parlando di gravi imprecisioni storiche. La prima è la divisione delle acque attribuita a un terremoto anziché ad un miracolo (riconosciuto dalle tre religioni monoteiste). La seconda, forse ancor più grave, è questa: a costruire le piramidi sarebbero stati gli schiavi ebrei. "Rappresentazione della storia da un punto di vista sionista", hanno tuonato gli egiziani, in considerazione del fatto che le piramidi sono state costruite ben prima dell'arrivo degli ebrei (le prime furono erette nel 27° secolo avanti Cristo). Ma un film - che non è un documentario - può anche contenere errori storici. Basti pensare a "Miracolo a Sant'Anna" (2008) di Spike Lee, ispirato all'eccidio avvenuto durante la Seconda guerra mondiale a Sant'Anna di Stazzema, sui monti della Versilia. Il film conteneva diverse castronerie storiche: qualcuno protestò a gran voce ma mai nessuno neanche minimamente pensò di bloccarne l'uscita.

Il Pakistan ha preso di mira una famosa serie tv, "Homeland" (una delle preferite di Obama), che parla del lavoro della Cia per scongiurare la minaccia continua del terrorismo. Le autorità pachistane hanno esaminato con cura le dodici puntate dell'ultima serie (la quarta) rilevando che l’immagine del proprio paese è quella di un "buco infernale" pieno di terroristi e popolato da persone profondamente ignoranti. Non è stata apprezzata neanche la “fotografia”, con Islamabad rappresentata come una giungla di sfalto e cemento, praticamente priva di spazi verdi. E la rabbia è aumentata anche in considerazione del fatto che le scene sono state girate a Città del Capo. Ma non ci si è limitati alla critica estetica: "Calunniare una nazione che è partner di lungo corso degli Usa è un disservizio che mina la sicurezza degli interessi Usa e lo stesso popolo americano", ha affermato in una nota Nadeem Hotiana, portavoce dell’ambasciata pachistana a Washington. Insomma, ne è nato un vero e proprio caso diplomatico.

Chi pensasse che la censura riguarda solo l'islam sbaglia di grosso. E non occorre scomodare la Santa Inquisizione con l'elenco dei libri messi all'indice che per secoli ha diviso i testi in "buoni" o "cattivi" (quindi proibiti). Un film di Martin Scorsese del 1988, "L'ultima tentazione di Cristo", suscitò clamorose proteste e continua ancora oggi ad essere proibito in Cile, Filippine, Singapore. Anche "The Passion" (2004), di Mel Gibson, suscitò fortissime proteste da parte degli ebrei, che parlarono di una nuova forma "cinematografica" di antisemitismo. "The Profit", uscito al Festival di Cannes nel 2001, fece imbufalire Scientology, che riuscì a bloccare la distribuzione negli Usa grazie alla sentenza di un tribunale.

Bruciare un libro, bloccare l'uscita di un film o impedire il libero accesso a internet, sono pratiche che hanno un minimo comune denominatore: negare la libertà degli uomini, rendendoli prigionieri o, nella migliore delle ipotesi, considerarli (di fatto) incapaci di intendere o di volere. Va riconosciuta e difesa la piena libertà di critica nei confronti di ogni opera dell'ingegno umano.

Ma impedire alle persone di decidere cosa leggere, ascoltare, vedere al cinema (o in tv) è un abominio che ci riporta indietro di secoli.

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