Cultura e Spettacoli

Ci voleva Nicholls per raccontare cos'è il matrimonio

«L'inizio di una relazione è sempre scandito da una serie di prima volte. Il primo incontro, la prima risata, il primo bacio, la prima nudità. Man mano che i giorni diventano anni, queste pietre miliari si fanno più sporadiche e innocue, e subentrano cose tipo la prima visita a un determinato monumento storico».

Non ho mai capito come li beccano gli scrittori alla casa editrice Neri Pozza, perché oltre ad avere un livello di narrativa altissimo, qui sembra di leggere un nuovo Herman Koch (sempre edito da Neri Pozza). Insomma se Noi , ultimo romanzo di David Nicholls, fosse stato firmato di Roth, DeLillo, o Auster, qualcuno lo avrebbe definito un capolavoro senza vergognarsene. In Italia, poi, impensabile trovare una simile spietata (e esilarante) vivisezione di una coppia senza una tragedia politica sullo sfondo, una crisi economica, una colpevolizzazione sociale. Fin dai tempi di Manzoni c'era bisogno di un Don Rodrigo per vessare i due contadinelli e rendere la vicenda interessante. Anche perché dopo cosa volete ci sia da raccontare dopo: come cantava Califano tutto il resto è noia, maledetta noia.

Invece Nicholls racconta un matrimonio lungo vent'anni con una scrittura viva e modernissima, e come avrebbe potuto fare Flaubert se avesse dato voce a Monsieur Charles. Lui, Douglas, è un biochimico, la moglie Connie un'artistoide, e insieme hanno un figlio diciassettenne. Il punto però è che Douglas la ama ancora, come la prima volta, mentre Connie si sveglia una mattina e gli dice papale papale che vuole separarsi. Il figlio è schierato con la madre e da lei subdolamente plagiato, e partiranno insieme tutti e tre per un lungo viaggio in Europa, alla maniera degli ottocenteschi Gran Tour culturali (a proposito: strepitose le pagine con la storia dell'arte vista dallo scienziato, varrebbe la pena di comprare il libro solo per quelle).

Non so, sarà che in questo momento di femminismo acuto mi piacciono i romanzi in cui lei è una stronza e lui è una vittima. Tutto sommato è ciò che manca alla donna per emanciparsi realmente: iniziare a considerarsi anche una carnefice, finirla con le lagne a senso unico, enumerare non solo i femminicidi ma anche i maschicidi psicologici, le sottili ripicche mentali di cui solo le mogli sono capaci.

Ecco, Nicholls, snobbato dalla critica, in Italia credo neppure percepito, quasi considerato un Hornby minore, racconta come pochi altri libri il lento mutare dei rapporti umani, la drammatica parabola discendente dell'amore quando l'indifferenza e il senso della fine non sono corrisposti, la tenera debolezza di un marito e l'orrore delle coppie in generale. «Non avevo mai capito perché l'innamoramento dovesse essere considerato un evento meraviglioso sottolineato da un crescendo di violini, quando finiva così spesso tra umiliazioni, sconforto o gesti di inaudita crudeltà.

Alla luce delle mie esperienze passate, sarebbe stato più adatto il tema dello Squalo , o i violini di Psyco ».

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