Cultura e Spettacoli

«Comica, tragica, gialla Che storia, la Scienza...»

Carbonio, ossigeno, gallio: la tavola periodica racconta vere epopee. Parola di Sam Kean, un fisico-scrittore

«Comica, tragica, gialla Che storia, la Scienza...»

Se la Scienza è un mondo conoscitivo sempre più specialistico (a volte esoterico), i processi e le implicazioni che girano intorno al mondo scientifico sono un serbatoio inesauribile di “storie” dai risvolti etici, politici, economici. Una miniera poco sfruttata di drammi e trame. Lo si vede nel saggio Il cucchiaino scomparso del giovane scienziato-scrittore Sam Kean, un bestseller negli Usa tradotto da Adelphi, in cui a ogni elemento della tavola periodica è associato un racconto: dall'umoristico alla spy story. Tutto rigorosamente vero. Kean, ieri al Festival di Mantova, ha imbastito un libro a metà tra la grande tradizione americana di divulgazione scientifica e il gusto narrativo per la ricostruzione storica.

Singolare che gli elementi della tavola periodica siano così carichi di implicazioni storiche, di dinamiche emozionali...
«Nel libro ci sono solo storie vere, non c'è invenzione. Ma volevo che nel leggerlo la gente pensasse a ogni elemento come a un personaggio unico, anzi come a una persona. Ricordo che all'università si parlava di carbonio, di ossigeno. Ma poco di elementi meno facili da identificare. Questo è il “mistero” che mi ha fatto venire voglia di studiare e raccontare le storie degli elementi...».

Qual è la sua formazione?
«Ho studiato fisica e letteratura inglese. Ma la laurea in fisica mi è servita solo a capire che mi mancava il temperamento per diventare uno scienziato. Ero davvero pessimo in laboratorio, così ho capito che la mia strada era la scrittura».

Conosce Primo Levi, che scrisse la raccolta di racconti Il sistema periodico?
«Certo, quel libro è stato una delle fonti di ispirazione per me. Levi ha fatto un magnifico lavoro nel prendere qualcosa di astratto come la tavola degli elementi chimici, e metterlo in relazione alla vita delle persone».

Lei scrive che Goethe come scienziato non valeva nulla, che la sua teoria del colore non ha alcuna validità e Le affinità elettive si basa su basi scientifiche ridicole.
«Goethe era molto interessato alla scienza, e ne è stato un grande sostenitore, ma quando tentava di applicarla alla letteratura, i risultati erano regolarmente deludenti. Nel Faust, per esempio, sostiene che le rocce nascono per precipitazione dei materiali contenuti nell'oceano, e mette l'opinione contraria (che nascano, cioè, a causa dei vulcani) in bocca a Satana... Beh, in quel caso aveva ragione Satana».

A proposito di Satana: il suo nuovo libro, non ancora tradotto da noi, è su Paganini: Il pollice del violinista...
«Negli ultimi due anni ci sono state molte scoperte nel campo della genetica. Mi affascinava l'idea che la genetica potesse spiegare particolari conformazioni fisiche che rendono un uomo capace di fare cose impossibili per altri. E questo è il caso delle capacità “diaboliche” di Paganini al violino».

A volte le persone tendono a trasformare la scienza in una sorta di religione, qualcosa da cui trarre delle rassicurazioni quasi metafisiche.
«È così. Certo, la scienza è basata su fatti provati, ripetibili, ma a volte l'atteggiamento mentale è quello: spesso la gente si aspetta che la scienza risolva le grandi domande, su cosa è l'uomo, perché esiste il mondo...».

Gli scienziati a volte sono aggressivi nel fornire spiegazioni su fatti che non si possono provare. Chi può dire, per esempio, in quale momento un embrione diventa un soggetto autonomo?
«Succede che gli scienziati siano troppo sicuri, ma non credo sia un problema solo loro. C'è in giro molta arroganza culturale. Ma, dal punto di vista metodologico, è bene tenere a mente che è dovere della scienza dichiarare onestamente di non avere risposte su certi argomenti».

Molto interessante la parte del suo libro che riguarda Stalin: la divisione tra scienza «borghese» e «proletaria».
«Stalin per molto tempo sponsorizzò lo scienziato Trofim Denisovic Lisenko, un genetista che dominò a lungo l'agronomia sovietica perché rigettava l'ipotesi che gli organismi viventi ereditassero geni e caratteristiche dai genitori. Da marxista sosteneva che solo l'ambiente sociale fosse importante, anche per le piante. A causa delle sue teorie un numero elevato di persone morì di fame.

Ecco un esempio di come la politica è in grado di corrompere la scienza».

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