Cultura e Spettacoli

De Benedetti: "I miei figli non sanno fare gli editori"

L'editore Carlo De Benedetti commenta il rifiuto da parte dei figli della sua offerta di acquistare il 30% delle quote del gruppo Gedi: "Se non amano il giornale, smettano però di distruggerlo"

De Benedetti: "I miei figli non sanno fare gli editori"

"Mi offro di rilanciare il gruppo Gedi". Così l'editore Carlo De Benedetti spiega al Corriere della Sera la sua offerta per l'acquisto del 29,9% di Gedi, respinta da Cir, la società che controlla il 45,75% del gruppo editoriale di cui fa parte La Repubblica.

"Sono in condizioni di condurre in porto un'operazione in due tempi", spiega. Prima di tutto, il suo intento è quello di migliorare "la gestione dell'azienda, che è stata del tutto inefficace", ricominciando ad investire sul digitale. Poi, il secondo passo consisterebbe nel "portare le mie azioni, convincendo gli altri azionisti a fare altrettanto, in una Fondazione. Una Fondazione cui parteciperanno rappresentanti dei giornalisti, dirigenti del gruppo, personalità della cultura. L'obiettivo è assicurare un futuro di indipendenza a un pezzo di storia italiana".

E sui figli, che hanno respinto la sua offerta, dice: "Non sono capaci di fare questo mestiere. Sanno fare bene altri mestieri, ma non hanno la passione per fare gli editori. Non hanno neanche la competenza, ma prima di tutto non hanno la passione". I figli, infatti, da tempo cercano un compratore per il gruppo Gedi, ma si tratta, a detta di De Benedetti, di "una ricerca inutile: in Italia, un compratore non c'è".

L'idea dell'editore, quindi, punta a risanare l'azienda, puntando sul digitale, per poi lasciare la sua guida a una Fondazione formata da "rappresentanti dei giornalisti, dirigenti del gruppo, personalità della cultura", facendo confluire lì le sue azioni e convincendo gli altri azionisti a fare altrettanto. L'obiettivo principale è quello di "assicurare un futuro di indipendenza a un pezzo di storia italiana".

Ai figli, l'ingegnere chiede "non un atto di generosità ma di responsabilità", perché se non amano il giornale "smettano però di distruggerlo". Un ulteriore attacco frontale ai figli, che già avevano reagito male all'offerta del padre di comprare quasi il 30% delle azioni del gruppo. Intanto, specifica De Benedetti, "gli azionisti Cir dovrebbero ringraziarmi per questo regalo piuttosto consistente: la mia offerta ha fatto aumentare il valore in Borsa del titolo di oltre il 15%". Ma, precisa, "non è questione di soldi, non voglio fare un affare.

Le ripeto che dopo il rilancio intendo regalare le azioni a una Fondazione".

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