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Disegnare il tempo Sogno impossibile dal medioevo all'Era 2.0

Disegnare il tempo Sogno impossibile dal medioevo all'Era 2.0

Il tempo, lo spazio, e la loro confluenza. Il racconto dell'interazione reciproca tra quelle che per Kant erano le due condizioni dell'esperienza umana è alla base di Cartografie del tempo, degli storici Daniel Rosenberg e Anthony Grafton (Einaudi, pagg. 322, euro 70). Una storia di come gli uomini abbiano provato a disegnare lo scorrere temporale e quindi, in fondo, abbiano escogitato quell'oggetto tutto umano chiamato Storia. A partire da Eusebio, teologo latino del IV secolo dopo Cristo, che con la sua Cronaca scolpì la visione tabellare del tempo. Diciannove colonne parallele, che seguivano la vita delle civiltà assira, egizia, persiana, greca, romana, permettendo di scovare le simultaneità. Non una tabella asettica, ma un grafico ideologico, con la collocazione centrale del cristianesimo. Così «tutta la Storia confluiva in un'unica Storia, che raccontava come Roma avesse unificato il mondo appena in tempo per consentire al Messia di rivelarsi a tutte le popolazioni». La Cronaca è «un geroglifico dinamico della Storia provvidenziale», un'anticipazione tattile del pensiero escatologico di Sant'Agostino, che culmina nel Regno di Dio.
Il grande astronomo Giovanni Keplero, nel Seicento, laicizzò questo schema provvidenziale, inserendo nelle sue ricerche alcune tavole che dimostravano i progressi scientifici. Erano grandi edifici di forma circolare, con alla base un antico astronomo, raffigurato come un uomo primitivo, mentre «man mano che gli astronomi si avvicinano al tempo presente i loro risultati divengono più accurati, e le colonne accanto a loro sono progressivamente più ornate e classiche». In cima a questa mappa astronomica del tempo, ovviamente, Copernico e lo stesso Keplero. Ma la svolta decisiva, nell'arte di rappresentare il tempo, si ha con Joseph Priesley, una strana figura settecentesca di intellettuale, chimico e teologo. I suoi monumentali diagrammi, che «si potevano acquistare come manifesti o come rotoli montanti su cilindri girevoli», incarnano la vittoria del tempo lineare. In essi «le date scorrono orizzontalmente con una scansione regolare lungo i margini superiore e inferiore». Così, «le grandi ere della Storia sono incasellate in termini quantitativi», in omaggio ai principi matematici di Newton (di cui Priesley, del resto, dichiarò di voler fornire una «dimostrazione oculare»).
Da qui in poi, la partita è segnata, il «tempo storico» è lo «spazio grafico misurato», l'istante è il punto, la Storia è la linea. Per la gioia dei fautori oltranzisti del progresso, come il filosofo positivista Auguste Comte, che nel 1849 elaborò un «Calendario positivista» che ripercorreva in tredici mesi lo sviluppo lineare della Storia. Il tredicesimo mese era dedicato agli eroi dell'Età moderna: Copernico, Newton e Priesley. Nell'Ottocento, lo scrittore Mark Twain, ossessionato dal trascorrere del tempo, ideò un tavoliere cronologico, che in realtà aspirava ad essere «un'impalcatura sulla quale si potesse reggere una vera conoscenza della Storia». Due giocatori, l'uno di fronte all'altro, «cercavano di elencare eventi e date e di riempire tutte le caselle».
Una corsa affannata sulla linea del tempo. Metafora da cui nel Novecento si sono viste deviazioni eccentriche, come quella che George Maciunas presentò durante una lettura del «Manifesto neo-Dada«, nel 1962: una corrente zigzagante, che evocava il flusso delle influenze reciproche tra i vari movimenti artistici nella Storia. Il tempo lineare diventa infine tempo esponenziale con i tecno-utopisti dell'Era 2.0, come Ray Kurzweil, che per illustrare l'avvento della Singolarità, un nuovo stadio di fusione tra umano e artificiale, ha riempito il suo libro La Singolarità è vicina (2005) di grafici che illustrano l'accelerazione progressiva della Storia.

Una ripresa ultra-moderna del provvidenzialismo del vecchio Eusebio, con la Singolarità che fa le veci di Dio.

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